RETROSPETTIVA DEL MAESTRO ENRICO GAMBARDELLA PRESSO L’ASSOCIAZIONE GLADIATORI
In data 13/05/2017 ore 18 presso Associazione I Gladiatori in via Filippo Maria Briganti ,15 Napoli (Presidente Agostino d’Auria),si terrà la retrospettiva dedicata ad Enrico Gambardella, artista napoletano venuto a mancare nel 2004. La mostra sarà curata dal figlio Stelvio Gambardella presidente Centro d’arte Gamen e dal critico d’arte Gianni Nappa, noto curatore e gallerista campano. L’esposizione comprenderà tre sezioni : la pittura , la fotografia e la grafica e sarà visitabile sino al 19 ore 15/18. Il tutto sarà coadiuvato dalla presenza dell’artista/maestro Armando Jossa .
Enrico Gambardella ha vissuto con due anime ben distinte la sua vita di ingegnere e di artista; la prima tecnica e scientifica, la seconda istintiva e alla ricerca di un bello interiore, dove esprimere con il gesto e l’espressione la dualità con cui ha condotto la sua esistenza. Un uomo sicuramente attento al lato concreto per il lavoro, ma allo stesso tempo proteso verso l’immaginifico di una personale interpretazione della realtà e dei luoghi dove ha vissuto. Paesaggi rurali dove il punto focale d’osservazione è sempre un particolare inserito a connotazione di una emozione vissuta, che peraltro si colora di cromie forti e decise negli anni del colore solare e in gradazioni mediate di arancio e verde, dove si nota una certa risonanza di una ricerca più studiata nelle forme e nella composizione degli anni ’50. Qui i paesaggi sia rurali che di città, sono sognanti e pieni di spunti di luce, tipici di uno slancio dell’artista verso una adesione non ad una corrente, ma piuttosto alla ricerca di una libertà espressiva che fosse nel luogo e nel momento, la rappresentazione di una ricerca del sentimento forte che egli provava. Gli anni a Montecarlo e i tanti viaggi in Olanda, lo hanno segnato a punto di esperire poi negli anni a seguire, una cromia più dura, più greve, ma al contempo di una drammaticità che colpisce come dato profondo di ricerca emozionale e formale. Dunque Gambardella si trova a compiere un percorso espressionista fin dall’esordio, dove accoglie per i suoi tanti spostamenti in Europa una definizione più marcatamente rispondente ai criteri cromatici di quei paesi; sceglie quindi, una maggiore difficoltà ad essere “compreso” nella sua terra, e per motivi semplici, vista la reminiscenza di una pittura che ancora negli anni ’60 del novecento era votata ad un “compiacimento” cromatico e formale verso gli autori del rinnovamento figurativo italiano e campano degli anni venti, trenta. L’artista in piena autonomia, coglie con la fotografia un lirismo realista, andando a ricercare la purezza dei bambini e il verismo delle persone semplici, dedite al lavoro, facendo sua la lezione del “Neo realismo” cinematografico e accogliendone le grandi suadenze, votate anche a rappresentare quel grande cambiamento che la società italiana stava compiendo nella rinascita del dopo fascismo. Le sue foto sono piene di luce, sempre ben realizzate, soprattutto per una innata sensibilità per la composizione e per quella voglia di rappresentare la realtà come osservatore interessato, proprio a quei cambiamenti. Ma a tutto questo va sottolineato come nella pittura di Gambardella vi sia una spiritualità forte, che si esprime anche nella scelta di paesaggi rurali aspri, dove la natura fa fatica a essere rigogliosa, e lui, ne coglie gli aspetti interiori, e li esprime con le cromie struggenti e le atmosfere “teatrali”, di un surreale che evidentemente è la vera cifra creativa, che ne accentua il lirismo come linguaggio. Un uomo libero, che si spinge nei tanti disegni e chine, verso il mondo patinato della pubblicità, che lo vedrà anche realizzare campagne con i propri disegni, sempre eleganti e rispondenti anche ad un bello ricercato e gioioso, che negli anni ’50 era illuminato dalla prima produzione nazionale di massa, con le patinate copertine delle riviste, ed i manifesti dei film d’oltreoceano. Un uomo libero, si è detto, e dedito alla sua amata pittura, che però non ha chiuso le porte per una multidisciplinarietà che lo ha accompagnato per tutta la sua carriera, e questa sua capacità, ne segna una volontà ferma di non essere soggetto né di mode, né di correnti, è stato un libero interprete di una società proiettata verso un futuro non sempre decifrabile; attento alla coscienza di uomo con i suoi dipinti di figure quasi sempre solitarie, e quando in coppia, mai una succube all’altra! Quindi anche nei tanti dipinti figurativi della sua produzione, la cifra va ricercata sempre nel suo pensiero, nell’interpretazione di una condizione dell’essere, che attraverso le distorsioni formali e anatomiche ne esprimevano le tensioni intime. Nei tanti disegni, gli schizzi di un artista sempre alla ricerca della verità da rappresentare, ma sempre con una sua visione codificata nell’espressionismo, che nel suo caso è stato istintivo, mai assimilabile alle correnti presenti in città. Oggi che la sua eredità è raccolta dal figlio Stelvio, e si fa fatica ad immaginare un percorso diverso, per un artista che pur essendo a pieno titolo riconosciuto nell’ambiente artistico napoletano di quegli anni, ha scritto una pagina di individuale ricerca che lo ha portato ad esiti di ottimo livello proprio nel raccogliere la verità della vita vissuta, la sua, con gli slanci nei colori e con l’attenzione sempre tesa a esprimere una unicità.
Anche quelle opere dall’impronta informale che3 pure ha provato ad esprimere, sono sempre riconducibili ad un suo silente percorso da compiere per il bene dell’anima, dell’artista e della sua integrità di uomo.
Alberto Alovisi