NAPOLI– Discostandosi garbatamente dalla farsa paterna ed orientandosi verso una tematica di carattere sociale, Eduardo De Filippo, dimostrando come le ipocrisie umane fossero addirittura necessarie in una società malandata e confusa, proprio a partire dalla sua commedia “Non ti pago”, messa in scena per la prima volta dalla compagnia “Teatro Umoristico I De Filippo”, l’8 dicembre 1940 al Teatro Quirino di Roma, ottenne il giusto merito per la sua arte drammaturgica. Tant’è che proprio grazie a questa opera si manifestarono i primi grandi consensi della critica tra cui il positivo giudizio offerto da Ennio Flaiano. Partendo dal tema della superstizione ed inoltrandosi attraverso il culto dell’aldilà, nel mondo dei sogni e del gioco del lotto legato a doppio filo alla smorfia (il cui termine deriva da Morfeo, “divinità greca dei sogni”) e che da sempre regola il rapporto fra i vivi e i morti, “Non ti pago” fu definita la commedia del surreale o del sogno. Basata sui limiti della follia utilizzando come fulcro la credulità, l’ignoranza, la superstizione e le credenze popolari, la stessa ha come protagonista il gestore di un banco lotto di nome Ferdinando Quagliuolo, tipico prototipo pirandelliano, ambiguo e surreale. Personaggio duro e caparbio è un accanito giocatore non certo baciato dalla fortuna, per giunta vittima dell’aiutante Aglietielloche in fatto di interpretazioni di segni e di sogni è una vera frana. Al contrario, l’impiegato di Quagliuolo, Mario Bertolini, (innamorato e fidanzato di Stella sua figlia) non solo interpreta i sogni alla perfezione ma risulta sistematicamente vincitore fino ad indovinare una quaterna del valore di quattro milioni delle vecchie lire grazie ai numeri “1-2-3-4“ a lui suggeriti in sogno proprio dall’anima del padre di don Ferdinando. Irritato per la vincita dell’odiato aspirante genero, Quagliuolo perde il controllo reclamando paradossalmente i diritti sulla riscossione dei milioni e sostenendo che i numeri fortunati, suggeriti solo per sbaglio a Bertolini, erano certamente a lui destinati. Tra i due protagonisti inizia così un’accesa disputa e mentre Ferdinando rivendica il suo diritto sulla vincita, considerato che è stato suo padre a suggerire la preziosa quaterna solo perche’ vittima di un errore di persona, si giunge alla grande maledizione, ovvero all’anatema che Ferdinando, nel mentre e’ costretto a consegnare il biglietto giocato, lancia sul povero Bertolini. Con donna Concetta intenta a sottolineare una concezione filosofica inerente la vincita, secondo cui qualsiasi tipo di gioco o scommessa che consente al giocatore di ottenere denaro, suscita inevitabilmente l’altrui invidia, Ferdinando per avvalorare il suo assurdo diritto, si rivolge ad un avvocato e ad un parroco, pensando addirittura di citare il defunto padre in tribunale. Una volta lanciata la maledizione, tuttavia, il caro estinto sembra esaudire la volontà del figlio al punto che stanco di patire improvvisamente pene e guai di ogni sorta, Bertolini, disperato, rinuncia alla vincita e consegna il biglietto del lotto a don Ferdinando. Il tutto si conclude con un lieto fine. Bertolini ottiene dal suo titolare, il consenso di prendere in moglie la figlia Stella mentre la vincita rimane in famiglia, dato che Quagliuolo incassa il biglietto ma consegna a Bertolini la somma vinta come dote per la figlia. Nella commedia l’essere profetico di Eduardo coglie in pieno la spietata realtà quotidiana, pullulante di angosce, timori, paure e miseria, che tuttavia come scrisse Franco Carmelo Greco alimenta al tempo stesso“bisogni, attese, speranze e illusioni”.Ripresa dall’attore e regista Peppe Celentano e riportata sul palcoscenico del teatro Bolivar insieme con Gabriella Cerino ed una compagnia che ha visto tra gli interpreti anche Massimo Masiello, la messinscena ha presto evidenziato tutto l’acume amaro e sarcastico di un autore sempre più belligerante nei confronti della società. Grazie ad una forza espressiva moderna ed inneggiante ad una forma di teatro animata dal dono della sintesi, dal canto suo, Peppe Celentano, si e mostrato tutto intento a produrre una rappresentazione capace di lasciare integre nel tempo le velleità di una commedia efficace e funzionale per forma espressiva e contenuti. “Non ti pago”, celando dietro un carattere apparentemente farsesco un forte monito per una società sempre più malata e corrotta, anche al teatro Bolivar, ha evidenziato nuovamente tutto il significato pessimistico ed amaro di un testo nato per sconfessare e porre alla berlina esseri sempre più in bilico tra la normalità e la follia. Agendo sulla vicenda del protagonista e calandosi nei panni di un Quagliuolo risucchiato nel vortice della pazzia, Celentano offre una recitazione davvero trascinante, in grado di creare a tratti una totale ed emozionale immedesimazione con il tipo cosi ben descritto dallo stesso commediografo. Dimostrando quanto la creatività di Eduardo sia ancora valida nel tempo e quanto i suoi fermenti morali ed umani siano ancora oggi più che mai vivi ed attuali, Celentano partendo dalla sua regia e da una prova d’attore più che in sintonia con la vera essenza del maggiore dei De Filippo ha portato in scena una drammaturgia dagli accenti moderni insieme ai caratteri di una società che pone gli interessi e l’invidia dinanzi alle necessità della coscienza. Con il funzionale e prezioso apporto di una vera signora della scena come Gabriella Cerino che al personaggio di Concetta Quagliuolo ha infuso colore, eleganza e decisione e con Massimo Masiello che nel ruolo che fu di Peppino De Filippo ha offerto i tratti di un Bertolini più che mai vivo e piacevolmente trascinatore, al teatro Bolivar la commedia “Non ti pago” ha condotto il pubblico in una dimensione divisa tra il riso e l’amarezza di una società’ allo sbando. Facendo funzionare il testo come un orologio svizzero ed indicando un genere di teatro fatto di qualità ed esperienza, Peppe Celentano ha presentato un lavoro dalle grandi prerogative. Lo stesso che ha visto anche gli altri bravi attori Emilio Salvatore (Don Raffaele)Gennaro Monti (l’avvocato Strumillo)Marcello Cozzolino (Aglietiello)Amedeo Ambrosino (Vittorio Frungillo)Gaetano Gaudiero (Luigi Frungillo) Patrizia Zenga (Zia Erminia)Manuela Cervone (Stella)Claudia Coraggio (Donna Carmela)Tonia Carbone (Margherita la cameriera) sempre efficacemente calati nei rispettivi ruoli e più d’una volta forti delle personali ed imbroccate caratterizzazioni, ben completare le linee di uno spettacolo sicuramente riuscito. Per tutti due ore all’insegna di un Eduardo capace di anticipare prodigiosamente i tempi e la magia di un gruppo d’artisti che ha saputo portare nello storico spazio di Materdei, con quella umiltà e semplicità tipica dei grandi, la stessa benefica atmosfera che fu, ai tempi di Eduardo, del glorioso San Ferdinando.