Ceramica antiaderente nell’antica Cuma

NAPOLI – presso Alla sede dell’Università’Orientale di palazzo du Mesnil in via Chiatamone lunedì 8 febbraio alle 9.15 si terrà un convegno sulle nuove scoperte archeologiche a Cuma portate avanti dagli studiosi dell’Orientale, in particolare da un gruppo di ricercatori, coordinato da Marco Giglio, assegnista di ricerca in Archeologia classica, che vede il coinvolgimento anche di Stefano Iavarone e Giovanni Borriello, entrambi dottorandi in archeologia.

Principale novità è il ritrovamento di reperti, nell’area a ridosso dello stadio e della porta settentrionale della città, che dimostrano la presenza di officine produttive di ceramica a Cuma, attive per tre secoli, almeno fino al II secolo d.C.

I reperti ritrovati, circa ottantamila, testimoniano una fase dell’intensa attività produttiva di età augustea.

In particolare si sono avute le prove della produzione di ceramica a vernice rossa interna, le «cumanae testae» note dalle fonti antiche, una sorta di teglie con fondo antiaderente, ottenuto grazie a un particolare rivestimento  interno utile a creare una superficie spessa e liscia che evitava ai cibi cucinati di attaccarsi al fondo delle padelle. Queste erano utilizzate per la cottura a fuoco lento di determinati alimenti, soprattutto a base di carne. Sono le antesignane delle moderne pentole antiaderenti.

Le ceramiche cumane, in particolare quelle verniciate, grazie alla qualità dei materiali, si diffusero in tutto il bacino del Mediterraneo, dalla Spagna al nord Africa, arrivando anche in Francia e Germania settentrionale.

Le attività di scavo archeologico dell’Orientale nell’area di Cuma sono in corso da molti anni e in molti settori della città.

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