Criminalità organizzata nel capoluogo Dauno

di Antonietta Montagano

FOGGIA – Ogni giorno si registra qualche episodio criminoso. Reati perpetrati a danno degli esercizi commerciali, furti, rapine , sparatorie, avvengono di notte come di giorno.

Non serve aspettare il prossimo morto ammazzato per poi leggere l’articolo di cronaca sui giornali locali e nazionali.

Cerchiamo di capire il problema, analizzando il recente passato del capoluogo Dauno.

Dal bollettino tracciato dai Carabinieri nell’anno 2015  per la provincia di Foggia, diminuiscono rapine ed estorsioni, aumentano i furti e gli omicidi nel mondo mafioso. Scendono il numero delle rapine ma solo sensibilmente: 493 nel 2014, 465 nel 2015.

Aumentano i furti a causa dell’escalation di auto rubate: 2843 nel 2014, ben 3326 nel 2015.

Diminuiscono le estorsioni ma il dato è influenzato dal numero di denunce: sono calate da 159 a 137 ma forse a causa dell’atteggiamento omertoso. Alle estorsioni si legano a doppio filo i danneggiamenti seguiti da incendio. E qui il dato peggiora: 374 nel 2014, 432 nel 2015.

Alla voce “estorsioni” i carabinieri hanno proceduto per l’80,29% dei reati denunciati alle Forze dell’Ordine, risolvendone il 78,18%. Si abbassa il numero delle persone denunciate, 4740 nel 2014 (641 stranieri), 4410 nel 2015 (586 stranieri).

«Negli ultimi quindici anni si sono alternati momenti di pace a vere e proprie mattanze – ha dichiarato  il questore di Foggia dottor Piernicola Antonio Silvis – fino a raggiungere anche il numero di 40 morti all’anno. Era il 2003».

Foggia, apparentemente sembra una città tranquilla, ma tutti sanno che da oltre trent’anni sul territorio opera la cosiddetta “società foggiana” detta  anche nuova società. Come ogni organizzazione mafiosa sembra essere strutturata gerarchicamente, con dei capi e degli esecutori preposti ad assolvere i loro compiti, con una sorta di organigramma.

Ma a  differenza di altre associazioni mafiose ha delle caratteristiche proprie che la contraddistinguono dalla camorra, ’ndrangheta, cosa nostra, anche se nella sostanza sono la stessa cosa. Qualche delicato equilibrio interno alla “ società foggiana” sembra essersi spezzato. Forse è in gioco la leadership del territorio.

Fino a qualche anno fa, la pace aveva retto forse perché la “ società” era gestita dal potere dei più anziani. Si era arrivati persino a mettere da parte la vendetta per profitto, perché gli affari non ne risentissero e la “società” potesse dedicarsi alle proprie attività senza intoppi. Estorsioni, droga, usura, truffe delle assicurazioni. O anche affari ‘nuovi’, su appalti. Magari sull’energia pulita.

Nel 2012 un’inchiesta della DIA (Direzione Investigativa Antimafia) di Bari, ha rivelato che la” società foggiana” era così affidabile da essere stata scelta dal clan dei casalesi per la produzione locale di banconote false, dopo che le loro stamperie erano state smantellate dalle operazioni antimafia. Quindi erano ritenuti affidabili, seri, fedeli, senza scomodi collaboratori di giustizia, una società che non parla ma che agisce sotto traccia, in silenzio.

A parlare ultimamente sono le bombe, e non è solo un modo di dire: succede spesso che le saracinesche dei negozi saltino. Un episodio tra i tanti, che ha segnato la cronaca foggiana è stata l’intimidazione subita da uno dei negozi storici  di Foggia,  Inglese, che non aveva mai ricevuto richieste estorsive. L’esplosione è stata devastante. Secondo gli inquirenti la logica sarebbe quella di colpire un’attività di spicco, anche senza alcuna richiesta, per intimidire tutte le altre attività. Della serie: «Se pagano loro, dobbiamo pagare anche noi». Una strategia che mira a colpire al cuore, incutere paura e timore nei commercianti e nella popolazione tutta.

Si conoscono bene gli effetti della paura: paralisi nei gesti, nel pensiero, soprattutto nella parola, si paga e si sta zitti. Questo è lo scopo della “ società foggiana”,  generare un clima omertoso. Ma mentre il silenzio è un valore per i mafiosi, per la vittima diventa una vera e propria prigione.

Nel frattempo sul territorio sono nate associazioni antiracket come “Giovanni Panunzio”, intitolata all’imprenditore foggiano che pagò con la vita l’aver denunciato alla magistratura i suoi taglieggiatori.La cronaca racconta che gli furono chiesti due miliardi di lire, a lui che da semplice muratore era riuscito a farsi un nome ed una professione. Venne crivellato di colpi di arma da fuoco in via Napoli, alle 22.40 del 6 novembre del 1992.

Sul territorio è presente anche l’associazione  “Libera”: entrambe  si battono contro la criminalità, cercando di creare un fronte comune, perché per la mafia colpire una persona sola è molto più facile: se si resta isolati si ha meno capacità di agire e reagire.

Notevole l’impegno delle Istituzioni  e delle Forze dell’Ordine  sul territorio nel contrastare quotidianamente gli accadimenti malavitosi e i reati che la città di Foggia subisce.  Una lotta che merita il pieno appoggio e aiuto anche da parte del governo nazionale.

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