Giovanni Palatucci, un eroe italiano

di Michele Di Iorio

Non solo arte, cultura e storia, ma la terra campana ha dato i natali a figure luminose che hanno dimostrato un grande coraggio e spirito di abnegazione. Una di queste è Giovanni Palatucci,  reggente questore della Polizia di Stato, martire al campo di sterminio di Dachau.

Palatucci nacque a Montella Irpina, Avellino, il 29 maggio 1909 da Felice e Angelina Molinari. La sua famiglia era molto religiosa: degli zii paterni Antonio e Alfonso erano monaci francescani e Giovanni Maria vescovo di Campagna d’Eboli, Salerno.

Giovanni Palatucci studiò alle scuole elementari di Montella. Frequentò il ginnasio a Dentecane (AV), Il primo anno di Liceo Classico al “P. Giannone” di Benevento ma in seguito alla sua generosa difesa di alcuni compagni che subivano abusi da parte di docenti, fu costretto a continuare gli studi al Liceo collegio “Serafico” di Ravello  dove era rettore lo zio Giovanni Maria. Conseguì la Maturità classica  al liceo “Tasso” di Salerno a 19 anni. S’iscrisse quindi alla facoltà di Giurisprudenza di Napoli.

Nel 1930 partì come volontario per Torino, dove proseguì gli studi giuridici ed espletò il servizio militare alla Scuola Allievi Ufficiali di complemento di Moncalieri. Si laureò all’Università degli Studi di Torino con la tesi “Rapporto di causalità in Diritto”. Esercitò il tirocinio di Avvocatura nel capoluogo sabaudo conseguendo la qualifica di Procuratore Legale nel 1934. Quindi presentò la domanda di arruolamento nella Polizia di Stato. Nel 1937 venne destinato alla Questura di Fiume, allora ancora territorio italiano, dove fu dirigente capo dell’Ufficio stranieri.

Palatucci era un convinto cattolico non fu mai d’accordo con le leggi razziali e antiebraiche fasciste. Considerato da molti uno Schindler italiano come Perlasca, aiutò personalmente molti ebrei italiani e stranieri che cercavano rifugio in Italia provenienti da territori occupati dai tedeschi, fornendo loro documenti, visti e passaporti falsi. Si operò anche a far internare quelli di loro che erano stati arrestati nel campo più sicuro di Campagna d’Eboli sotto il controllo dello zio vescovo. Riuscì inoltre a far fuggire parecchi italiani sospetti politici di antifascismo verso la Svizzera o il Vaticano.

Giovanni Palatucci rimase al suo posto anche dopo l’armistizio dell’8 settembre del 1943, quando i tedeschi occuparono Fiume, mentre i suoi colleghi si misero al sicuro nei comandi di polizia della Repubblica di Salò.  Ai suoi agenti vennero sequestrate munizioni, automezzi e armi: avevano uno sfollagente come arma simbolica. Venne promosso Commissario Questore reggente di Fiume il 28 febbraio 1944, e dopo pochi giorni portò personalmente in salvo oltre il confine svizzero la fidanzata ebrea “Mika”  Michela Eisler e sua madre. Rientrato a Fiume fu interrogato nell’alto comando della Gestapo dal tenente colonnello Herbert Kappler, il tristemente famoso responsabile del massacro delle Fosse Ardeatine.

Con un ultimo atto coraggioso il vicequestore Palatucci aveva distrutto gli elenchi dei prigionieri ebrei deportati, residenti o di passaggio a Fiume, così Kappler lo fece arrestare imprigionandolo per un mese nel carcere “Coroneo” di Trieste con l’accusa di collaborazionismo e complicità con il nemico.

Il 22 ottobre 1944 fu trasferito al campo di sterminio di Dachau: il suo numero di matricola era 117826. Sul braccio della casacca di detenuto era cucito un triangolo rosso con la I che identificava i prigionieri politici. Venne assegnato alla baracca prigionieri n. 25. i condannati ai lavori forzati subivano fustigazioni continue, tra stenti e sevizie, pestaggi di giorno e di notte.

Nel dicembre del 1944 contrasse il tifo petecchiale, morendo il 10 febbraio del 1945, poche settimane prima della liberazione dagli alleati. Fu seppellito nella fossa comune della collina di Leitemberg, a breve distanza da Dachau.

Nell’agosto 1945 la sua salma fu trasferita con gli Onori Militari dalla Polizia italiana nel cimitero di Montella. Tre commissariati a Fiume, Genova e  Montella gli vennero intitolati in ricordo.

Nel 1953 in Israele, a Ramat Gan, in periferia di Tel Aviv, gli fu dedicata una strada e nel 1955 una foresta vicino Gerusalemme.

Nel settembre del 1990 l’ente israelita per la memoria delle vittime dell’Olocausto, gli conferirono una medaglia d’oro alla memoria e il riconoscimento di “Giusto tra le Nazioni”. Il presidente della Repubblica Scalfaro gli conferì alla memoria la medaglia d’oro al Merito Civile.

Nel 2000 Giovanni Paolo II lo annoverò tra i martiri del XX secolo. II 9 ottobre 2002 il Tribunale del Vicariato pontificio di Roma diede inizio al processo di beatificazione del “questore santo”, concludendolo in tempi rapidissimi. Il 10 febbraio 2004 gli atti vennero trasferiti alla Congregazione vaticana per i Santi, che lo riconobbe “Servo di Dio”.

Nel settembre 2006 fu assegnata ancora una Medaglia d’Oro al Merito Civile alla Memoria di Giovanni e allo zio Giovanni Maria Palatucci per l’aiuto prestato a tanti ebrei. Il 29 maggio del 2009 le Poste Italiane emisero un francobollo in suo onore.