“IL MALE DEL SECOLO”: LA DEPRESSIONE

guarire-dalla-depressioneUno stile di vita emotivamente disordinato, una delusione sentimentale, un evento negativo in ambito familiare, uno stress per un futuro incerto, una attesa di una soluzione che non arriva, una speranza rubata, una predisposizione al pianto, un tremito immotivato, un panico latente  sono solo alcune delle cause che fanno della depressione il “male del secolo”.

Ed allora si affollano gli studi di psicologi, di psichiatri e di neurologi alla ricerca di una risposta  più confacente al proprio malessere. Si passa dalla terapia farmacologica a quella psicoterapica che risultano alla fine inefficaci senza una attiva collaborazione del paziente che deve imparare a correggere la propria visione del mondo circostante reagendo positivamente agli accadimenti esistenziali con cui ha una perenne conflittualità, la cui soluzione talvolta è a portata di mano e spesso nella propria mente.

La depressione è la disperazione di un’anima che urla la propria sofferenza e che solo un’altra anima può soccorrere ed è per questo motivo che dobbiamo cercare di osservare attentamente quanti incrociano la nostra esistenza ed andare oltre la malinconia che alberga nei loro occhi e nel loro viso, che ha perduto la forza di un sorriso.

Invece spesso procediamo con indifferenza, a passo spedito, senza fermarci per regalare un sorriso e rispondere alla loro richiesta di un po’ di attenzione, di affetto, facendo loro capire che la tristezza fa parte di quella alternanza episodica che la vita ci offre e che costituisce quel patrimonio formativo della nostra personalità.depressione uno

La depressione è, come bene spiega la provenienza latina del verbo deprimere, è quella tendenza a premere verso il basso, che vuole significare che ogni nostra progettualità viene annullata da una visione negativa della esistenza che ci fa guardare in basso e non in alto, come invece fa chi sa vedere il bicchiere mezzo pieno e non mezzo vuoto, sintomo questo di chi rintraccia una positività in ogni accadimento esistenziale.

Freud ha paragonato questo senso di malinconia perenne ad un lutto, la perdita del nostro Io, che si lascia travolgere da ciò che è fuori di noi.

La depressione è materia di psicanalisi, di psicologia, ma anche della medicina neurologica che studia la incapacità ad affrontare e reagire agli eventi della vita, che può portare, in rapporto alla fragilità dell’individuo, ad un desiderio di annullamento di sé.

Bisognerebbe iniziare da una autoanalisi o, nel caso in cui non ci si riesce da soli, ad una analisi assistita, ripercorrendo il proprio percorso umano e scoprire il motivo da cui è scaturito lo stato depressivo (psicoterapia cognitivo-comportamentale).

Proprio così, perché una depressione è sempre la conseguenza di un episodio che si è abbattuto su di noi, la cui rimozione risolverebbe il nostro status meglio di qualunque farmaco o terapia psicologica. Siamo sempre lì! Alla base c’è sempre una fragilità umana che spunta le armi psicologiche che dovrebbero aiutarci a combattere le avversità.

Una delusione d’amore, la morte di una persona cara, la perdita del proprio lavoro, la disperazione per una vita non all’altezza delle nostre aspirazioni economiche e di benessere…  sono questi ed altri episodi che ci fanno sentire inferiori agli altri.

E tutto ciò sta alla base della nostre valutazioni negative, quasi che gli altri siano meglio di noi, superiori a noi, più fortunati di noi. Continuiamo a vivere guardando fuori di noi e non dentro di noi. Ma gli altri sono semplicemente diversi da noi e non per questo migliori di noi. Occorre rafforzare una consapevolezza del senso che vogliamo dare alla nostra esistenza per addivenire ad una saggezza che può farci interpretare la vita in una modalità più approfondita. Come? Leggendo, progettando, sognando, godendo delle piccole cose, fino a costituire una scaletta della vita con delle priorità che vivificano la nostra storia personale.

Se solo imparassimo a comprendere la nostra finitezza, non ci dispereremmo per ciò che non abbiamo, mentre godremmo delle tante offerte quotidiane che la vita ci regala.

Allora capiremmo che ogni evento, negativo che sia, può essere di stimolo a perseguire obiettivi che ci migliorano e che ci portano a perseguire certezze più robuste tali da farci diventare personaggi e non semplici persone.

Ciascuno di noi è destinatario di un futuro che mai dobbiamo disperare di perseguirlo.

Per raggiungere questo traguardo dobbiamo disegnare un futuro realizzabile e non utopistico, dobbiamo imparare ad amarci e non ricercare, in maniera maniacale, l’amore degli altri. Dobbiamo amare gli altri anche se non corrispondono alle nostre aspettative, dobbiamo perseguire una filosofia di vita che ci porta a non subire l’influenza del concetto che gli altri hanno della vita.

Così facendo impariamo ad accettare il mondo esterno con i suoi interpreti, ritagliandoci un ruolo che, se convinto e consapevole, è sempre di protagonista.

Una volta che abbiamo assunto questo ruolo, possiamo uscire da ogni isolamento e proiettarci verso l’esterno , che non è alimentato dalla sfortuna, dalla colpevolezza, dalle insoddisfazioni riuscendo a cogliere quegli elementi positivi che ci restituiscono sicurezza, dignità, autostima.

Il “conosci te stesso” socratico rimane sempre un punto di partenza fondamentale.
L’analisi della nostra interiorità ci porta a non rinnegare noi stessi e gli altri ed a programmare una qualità di vita fatta di valori che possono rispondere alla nostra domanda: “Cosa è la felicità?”

 Aldo di Mauro*

*Scrittore, poeta , filosofo