L’ Amore visto da Aldo di Mauro ovvero “quando i sogni diventano progetti”
Quando si parla di “Amore”, la mente va subito a Madre Teresa di Calcutta, a Ghandhi, a Martin Luther King e tanti altri, come i tanti missionari e volontari che hanno messo a repentaglio la loro vita per portare amore, secondo l’insegnamento cristiano “ama il prossimo tuo come te stesso”.
Potremmo dedurre che l’amore è un sentimento che non risponde al principio del “dare per avere” in quanto l’avere è insito nel “dare”, cioè ci si sente gratificati nello stesso momento in cui si ama.
Pensiamo all’amore materno. Una mamma ama sempre e comunque il proprio figlio senza aspettarsi nulla, una mamma ama sempre e comunque il proprio figlio anche se il figlio non dovesse corrispondere, una mamma ama sempre e comunque il proprio figlio anche se il figlio dovesse procurarle dolore.
Mi piace ricordare alcuni versi di Salvatore Di Giacomo, che raccontano di una madre, accoltellata a morte dal proprio figlio, che si preoccupa della ferita che il figlio si è procurata durante l’aggressione:
Ma c”o stesso curtiello,
(c”a mano scellerata le tremmaie)
sceppanno ò core à mamma,
nu dito se tagliaie…
E sapite sta mamma
gente, che lle dicette?
Dicette: “Figlio, te si fatto male?”
E guardannele ò dito,
suspiranno, murette.
Amare è donare, magari anche soffrire per la felicità della persona che si ama. Per amore si può essere disposti anche alla morte. Questo concetto trova la massima espressione, per i credenti, nella passione del Cristo che ha affrontato la morte sulla croce, con tutte le relative sofferenze, per amore degli uomini. Come dice San Giovanni:“Egli ha dato la sua vita per noi”.
E, volendo rimanere nell’ambito della cristianità, l’amore arriva fino alla difficilissima capacità del perdono, che non è semplice buonismo, ma tentativo di comprendere sempre e comunque le ragioni dell’altro. Quelle ragioni psicologiche o ambientali che hanno prodotto cattiveria. Il perdono è quindi l’accantonamento di ogni sentimento di rivalsa per comprendere quelle debolezze umane che appartengono talvolta anche a noi stessi.
Questa capacità ci viene inculcata in una delle frasi più terribili riportate nella preghiera del Padre Nostro: “Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori”.
E’ una frase che fa rabbrividire e sulla quale ci soffermiamo poco, abituati come siamo a recitare, a mò di cantilena, alcune preghiere e che ripetiamo a memoria, senza approfondimento alcuno.
“Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori” non appartiene solo alla sfera religiosa, ma è il richiamo ad un impegno etico che ci riporta ai principi di uguaglianza, di solidarietà, di amore reciproco.
Il perdono è amore alla massima potenza.
Il perdono è stato recentemente affrontato anche in ambito psicologico, per cui si è addivenuti a definire il perdono come un difficile processo che parte da un superamento dell’offesa subita per arrivare ad una rivisitazione della propria stessa vita, individuando quei momenti in cui anche noi siamo stati coinvolti in azioni dettate dalla naturale fragilità umana.
Si è arrivati ad assumere che il perdono fa bene, ancor più a chi lo concede che a chi lo riceve, perché si ridetermina la propria capacità di amare, con una valutazione della convenienza del perdono stesso, che restituisce serenità ed acquisizione della stima verso se stessi.
Diciamolo pure: se ami, ti amano e, se ti amano, hai stipulato una assicurazione di sopravvivenza. Perché saranno coloro che ti amano che perpetueranno la memoria della tua esistenza.
Indubbiamente ci vuole una non comune forza d’animo nel saper perdonare ed io aggiungo che la incapacità al perdono è sintomo di grande debolezza, denunciando una insicurezza psicologica ed una mediocrità umana.
Ma quando si parla dell’amore nell’accezione più comune, quella romantica, si pensa all’amore che unisce due persone. Quello che faceva dire a Luigi Tenco:
“Ah…l’amore l’amore quante cose ti fa fare l’amore, ah…l’amore l’amore, quante parole ti fa dire l’amore!”
Chi è che non sogna l’amore?
“Sogno” è parola vuota ed insensata se non assume il significato di “progetto”.
Ed un progetto è qualcosa di tendenzialmente possibile ma ci si deve impegnare per realizzarlo.
E’ quando lo si persegue con superficialità, “tanto per”, che si rischia di cadere in quella che viene definita crisi di coppia. “Crisi” viene dal greco krisis, che vuole dire scelta e quando si sceglie si giudica e ci si giudica, mettendosi in discussione. Per cui da una crisi si può uscire tentando di stabilire quell’equilibrio che rende la vita di coppia una felice avventura, che è poi la realizzazione di quel sogno, ovvero di quel progetto a cui prima abbiamo fatto cenno.
Il problema principale, dicono gli psicologi, è la incapacità di gestire le distanze e le vicinanze. Distanze dalla famiglia di origine, dalle proprie pregresse amicizie e successivevicinanze, quella capacità, cioè, di far sì che il rapporto non sia soffocante e limitativo della reciproca autonomia.
Il rispetto della individualità dell’altro è alla base di un amore autentico.
L’aspetto più stimolante in un rapporto è il complementarsi partendo da posizioni diverse per cui dobbiamo abbandonare il troppo ricorrente concetto di incompatibilità,sostituendolo con quello di maturità. La persona matura è compatibile con chicchessia.
L’amore ha in più la volontà di integrarsi con la persona amata, ascoltandola e provando piacevolezza delle differenze, per giungere, usando una bella espressione di Gramsci, ad una “connessione sentimentale”.
Occorre però sempre avere presente che l’amore è un dialogo costante e mai un monologo al quale l’altro deve assistere passivamente senza poter interloquire.
Ciò che dà sapore ad un rapporto è la trasmissione delle proprie emozioni, delle proprie fragilità con la voglia di stupire l’altro ad evitare di cadere in quella noia data dalla abitudinarietà e che rischia di determinare quanto di peggio ci può essere in un rapporto: l’indifferenza. Con l’ indifferenza si rischia di fare del male e ferire la sensibilità dell’altro.
Il cuore di una persona, come è stato detto, è come un foglio di carta che una volta stropicciato, anche se si cerca di ricomporlo non si riuscirà a riportarlo alla condizione originaria, lasciando tracce indelebili.
Se si mantiene una attenzione alla sensibilità dell’altro si finisce per avvertirne il bisogno, pena il sentirsi incompleti.
Socrate diceva che “l’amore è mancarsi sempre”.
Attenzione però… condizione imprescindibile per amare è “amarsi”. Altrimenti è soccombenza, plagio, dipendenza, masochismo, suicidio psicologico, schiavitù morale.
Come sosteneva Hermann Hesse, “Senza amare se stessi non è possibile amare neanche il prossimo, l’odio di sé è identico al gretto egoismo e produce alla fine lo stesso orribile isolamento, la stessa disperazione”.
Amarsi dà dignità all’amore e lo rende vero! Amare non è “sottostare” ma “stare con”! L’amore è reciprocità, arricchimento reciproco, condivisione sentimentale, dialogo tra due anime che si parlano.
Se così non fosse, se c’è chi da e chi riceve senza dare, quest’ultimo assume le sembianze di carceriere che tiene un’anima incatenata, non consentendole di fuggire.
L’amore è invece l’abbraccio di due anime che progettano di volare insieme e che ti fa dire, come nella bellissima poesia di Wislawa Szymborska:
“Ascolta come mi batte forte il tuo cuore!”
Aldo di Mauro*
*scrittore, poeta, filosofo