La bellezza: croce e delizia dell’odierna societa’

bellezzaNon c’è dubbio che sono maggiormente le donne a fare i conti con una valutazione estetica. Anche quando hanno dimostrato un indiscutibile valore professionale non riescono a sfuggire  a commenti stupidi e superficiali. Se ci si trova di fronte ad una grande scienziata non è improbabile che si dirà: “E’ una grande scienziata, però è brutta!” Se ci si trova di fronte ad una grande artista si dirà: “E’ una grande artista però è brutta!” E così via, si potrebbe procedere con tanti esempi, che denotano una superficialità di giudizio purtroppo dilagante. “La bellezza è la migliore lettera di raccomandazione” sosteneva Aristotele ma, come capita nelle raccomandazioni, non sempre il raccomandato meriterebbe di essere sostenuto, se solo si valutassero a fondo le sue capacità. La bellezza basta ad esprimere la validità qualitativa di una persona? O è solo un connotato che, quando si aggiunge alle doti intellettive di una persona  certamente ne favoriscono il successo? Ma ciò può accadere solo se come nel mondo odierno si da risalto a quello che Vittorino Andreoli definisce “l’uomo di superficie”. Nella odierna società dell’immagine, l’ossessione per la corporeità porta a rifugiarsi nei centri estetici, e questo non è male per la cura del corpo che va comunque tutelato ma, cosa davvero preoccupante, a ricorrere alla chirurgia plastica, non quella ricostruttiva che consente di  intervenire su eventuali deturpazioni fisiche, ma quella a cui si ricorre per apportare modifiche alle proprie sembianze ripudiate, finalizzata al raggiungimento di quella sicurezza vanamente ricercata nella propria interiorità. I modelli ai quali si riferiscono tanti giovani d’oggi sono quelli portatori di una bellezza che si misura, quella bellezza cioè che rispetta armonicamente le proporzioni delle componenti fisiche. E chi non ha avuto la fortuna di avere un corpo che risponde a questi requisiti di riferimento estetico, cosa fa? Si reca in in quella sorta di officine corporali per mettere a posto i pezzi del proprio corpo che ritiene da rottamare per modificarli e magari successivamente si sottopongono a tagliandi di aggiustamento. Se per Stendhal “la bellezza è una promessa di felicità”, perché da sicurezza nell’approcciarsi agli altri, bisogna pure mettere in conto che questa promessa è effimera in quanto non ne garantisce la durata e ciò può pure creare una preoccupazione che può sfociare in uno stato depressivo.  Ma cosa è la bellezza? Hume diceva che “la bellezza non è una qualità delle cose stesse: essa esiste soltanto nella mente che le contempla e ogni mente percepisce una diversa bellezza. E’ persino possibile che una persona percepisca una bruttezza là dove un’altra prova un senso di bellezza: ogni individuo dovrebbe accontentarsi del suo sentimento personale, senza pretendere di regolare quello degli altri”.  Le varie argomentazioni sulla bellezza ovviamente non devono portare a commenti spocchiosi, che denotano sentimenti di invidia e gelosia, perché va riconosciuto alla persona bella di suscitare reazioni di piacevolezza e riconoscimenti gratificanti. Come pure non bisogna incorrere nella equiparazione della bellezza con la stupidità. La bellezza è certamente un dono che va portato con eleganza, rifuggendo da commenti superficiali dettati da una sommaria valutazione dell’apparenza spesso ingannevole. Il messaggio che si deve tentare di trasmettere è che la bellezza è certamente un valore, ma non deve essere considerato un valore assoluto nella propria scaletta esistenziale e certamente va posposta ai contenuti umani, intellettuali ed etici. E’ la gestione della bellezza che porta a valutazioni positive o negative. La bellezza va gestita con umiltà e non con supponenza, come un accessorio di cui non si ha merito ma che si è ricevuto per buona sorte, per cui deve essere abbinato ad un complessivo abbigliamento psicofisico. Ciò che preoccupa è il fatto che molti sono coloro che si ispirano ai tanti modelli estetici che i media propinano quotidianamente e, per puro spirito di emulazione, martorizzano i loro corpi pur di ottenere risultati equipollenti. Ed allora è qui bisogna intervenire! Occorre fornire modelli che badano molto ai contenuti e poco alla forma.  Partendo dalla ragione della propria esistenza, da quella autostima tanto declinata dalla psicologia, dal rispetto delle proprie idee che caratterizzano una propria individualità aperta ad un confronto dialogico, si può pervenire ad un amore della “persona” che si fa “personaggio” e liberarsi da quelle frustrazioni che portano alla necessità di decorare o mutare geneticamente il corpo per potere emergere dalla propria solitudine ed affermarsi in una società massificante. Il sempre efficace appello alla ironia ed alla autoironia certamente aiuta a prevenire giudizi sommari e restituiscono a chi è bello quella simpatia che è pur sempre una carta vincente.  Quella ironia ed autoironia di chi sostiene l’affidabilità della bruttezza per la sua staticità di contro alla bellezza che col tempo ineluttabilmente sfiorisce. Il brutto non delude, il bello col tempo si modifica, l’aspetto iniziale è destinato a riservare sorprese deprimenti. Il gusto per la battuta, come spesso accade, sembra foriero di banalità, ma nasconde riflessioni più profonde che però hanno una maggiore efficacia.E’ innegabile che la bellezza agevola nella ricerca di un partner come nei colloqui lavorativi. Nessuno ammetterebbe di provare attenzione per una persona brutta come nessuno ammetterebbe che in un colloquio lavorativo non si dia la preferenza ad una persona bella ma ciò vale nei rapporti superficiali e che non tendono ad una stabilità lavorativa per la quale si richiede uno spessore contenutistico che dia prospettive di affidabilità.  Ciò induce ad una diversa valutazione dell’estetica che aggiunga canoni soggettivi a quelli oggettivi indubbiamente condivisibili. Si può dire che queste argomentazioni sono l’alibi di chi bello non è, ma lo spirito di questa analisi non vuole togliere riconoscimento al bello ma lo vuole riempire di contenuti ad evitare di concentrarsi sulla forma. La soggettività della valutazione estetica viene dimostrata dall’attrazione che si prova nei confronti di una persona non bella ma che è però carismatica, affascinante, seducente e che perciò riesce a catturare l’attenzione di chi vuole andare oltre l’apparenza. Allora diciamo che questa persona ci piace, perché l’aspetto si fa contenuto. Si dovrebbe forse adottare il metodo di valutazione che si usa nel mondo dell’arte, dove il brutto, come categoria di giudizio, non esiste. Kant sosteneva che la bellezza deve avere quella “proprietà di accordarsi col nostro modo di percepirla” dandole quella connotazione di soggettività che la correla a quel concetto di “gusto” che si rispecchia nell’affermazione popolare che “non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace”. Ma non bisogna trascurare che il “gusto” è certamente influenzato dai riferimenti estetici che i mezzi di comunicazione suggeriscono. A differenza della bellezza di cui al mondo dell’arte dove, anche se non mancano interpretazioni personali, dei canoni estetici oggettivi sono richiesti.  Ma cosa spinge a puntare alla bellezza corporea e non ricercare quella bellezza di poeticità interna, di armonia di idee, di cultura dell’anima, di saggezza dialogica? Evidentemente possono incidere fattori di fragilità, di insicurezza, di frustrazione. Ma perché si persiste nell’affidare alla superficie il raggiungimento della propria sicurezza e non a levigare l’anima e la mente , che possono davvero fare di una persona una bella persona? Sono le rughe dell’anima e della mente che vanno curate e che richiedono un lifting psicologico! Se  ci si domanda: “ Perché, pur avendo elementi di conoscenza che farebbero dare un senso alla bellezza, si continua ad azzerare la specificità individuale producendo mostri che rincorrono una bellezza artificiale fatta di labbra ipercarnose, di seni ipergonfiati, di zigomi siliconati, di addominali tartarugati, di muscolature anabolizzate, di pelli botulinizzate ?” Ci si risponde (Socrate docet) che non si conosce la bellezza, della bellezza si ha quella conoscenza superficiale, che conoscenza non è, perché non è frutto di una analisi attenta delle varie sfumature che la nostra anima e la nostra mente ci regala.

Aldo di Mauro*

*Scrittore, poeta, filosofo