La Pasqua a Palazzo Venezia

Pasqua

NAPOLI – In via Benedetto Croce, tra le piazze di San Domenico Maggiore e del Gesù, alle 10.30 di domenica 27 marzo, Pasqua di Resurrezione, a Palazzo Venezia, la storica magione che di recente è diventata culla di eventi culturali, concerti, mostre d’arte che spaziano dalla fotografie alla scultura, dalla pittura all’artigianato, a danze, si vivrà la Santa Pasqua alla scoperta delle sue origini tra sacro e profano.

Condotti di epoca in epoca dalla voce narrante dello storico e giornalista Michele Di Iorio, inizierà un viaggio che affonda le radici nei tempi più remoti.

In Mesopotamia i sumeri celebravano la dea madre Inanna, mentre i babilonesi onoravano Ishtar o Hia. I fenici celebravano invece Astarte, la cui effigie dal volto scuro in seguito fece nascere il culto della Madonna dell’Arco. In effetti si trattava sempre della stessa divinità madre, che gli egizi identificavano nella dea Iside. Ed era così anche per quanto riguarda l’antico culto greco di Demetra, introdotto a Napoli nel 474 a.C. dall’ammiraglio ateniese della flotta di Siracusa e Agrigento, e quello romano di Cibele.

La Pesach o Pasqua cerimoniale ebraica con il sacrificio dell’agnello, era invece una festa rituale che celebrava non solo la liberazione ma anche la rinascita nella primavera dopo l’oscuro inverno. Simbolo di resurrezione e pace era il pane azzimo, cioè non lievitato. Il termine Pesach poi divenne Paska in greco, latininizzato dai romani in Pascha, quale simbolo di innocenza e martirio. Sarà poi il Concilio di Nicea a stabilire che i cristiani dovessero celebrare la Santa Pasqua la prima domenica di plenilunio dopo il 24 marzo, data probabile della morte di Gesù, ed entro il 9 aprile.

Dal 1191 la liturgia di Pasqua inizia dopo la Domenica delle Palme: il mercoledì si celebrano i salmi, e il Giovedì Santo nelle chiese dopo la Missa in coena Domini – in cui sivolge il rito della Lavanda dei Piedi – si allestisce l’Altare della Deposizione o Sepolcro dove vengono riposte le ostie consacrate, addobbandolo con piantine di grano lasciato germogliare al buio. Simboleggiano la Resurrezione: sono nate dall’oscurità, come il Signore che è risorto dalle tenebre della morte.

L’Altare della Deposizione viene disfatto nel pomeriggio del Venerdì prima che cominci la Liturgia della Passione. Dopo il Giovedì Santo non si celebrano più messe fino alla mezzanotte di Pasqua, celebrazione in cui si utilizzano le ostie conservate nel Sepolcro.

Dopo l’excursus delle origini della festa cristiana della Resurrezione di Gesù, il narratore Michele Di Iorio si addentrerà nelle tradizioni partenopee del periodo pasquale.

Naturalmente Napoli, così ricca di tradizioni, non poteva rendere ancora più ricca la celebrazione della Pasqua. Le funzioni religiose iniziavano il Mercoledì Santo sin dal 1518, anno in cui a Roma nella Cappella Sistina con papa Leone X si celebravano i salmi in latino e il Miserere cantato con musica di Costanzo Fiesta o del Massai o di Giovanni da Palestrina. Quando Mozart lo ascoltò nel 1770 lo trascrisse rendendolo celebre. Il testo fu poi tradotto in dialetto napoletano nel 1787 da Nicola Valletta.

Magnifici i Sepolcri, approntati tra drappi in oro e broccato, con i canti delle Tre Ore di Agonia, uso importato ne1788 dal gesuita Alfonso Mexia da Lima.

Racconterà poi della famosa passeggiata dello Struscio in via Toledo inaugurata nel 1734 da Carlo III di Borbone. In seguito Ferdinando II nell’800 la rese più solenne con grandi parate militari. I sovrani sempre sorridenti passeggiarono per le strade, riveriti dai sudditi.

Di Iorio parlerà ancora dalle processioni del Venerdì Santo, molto sentite in tutto il Sud. In particolare queste processioni sontuose nel 1500 venivano accompagnate da soldati in vesti romane, poi in grande uniforme sotto i Borbone. Si portava in corteo il Cero pasquale, e in alcune località il catafalco con il Cristo morto, usanza ancor viva oggi.

Il Sabato Santo, vigilia di Pasqua, dopo lo “scioglimento” della Gloria, annunciato dal festoso suono delle campane delle chiese – che una volta avveniva a mezzogiorno mentre ora è stato spostato alla mezzanotte – vi era l’usanza del canestro pieno di ogni ben di Dio, ‘o canisto, offerto al re, all’arcivescovo e ad altri notabili dai commercianti.: casatiello, pasta, salumi, formaggio, vini e l’immancabile pastiera di grano.

Saranno ricordate anche alcune vicende pasquali legate a Palazzo Venezia: nel 1750 l’ambasciatore della Serenissima, dopo aver fatto gli auguri al re e la regina alla Reggia, si recò in compagnia del principe Raimondo de Sangro dall’ambasciatore di  Inghilterra, lord Herdnesse, con un canestro di pasqua napoletano ricevendo in dono una scatola di sigari, una pipa di porcellana, vini portoghesi e inglesi.

E tanto altro ancora …

Nel corso dell’evento a Palazzo Venezia la domenica di pasqua 27 marzo sarà offerto un aperitivo nell giardino pensile mentre gli ospiti ascolteranno antichi canti sacri e profani napoletani, da Jesce sole alle villanelle e canti popolari del ‘700, fino al Canto della Madonna dell’Arco.