La triste storia di Lucrezia d’Alagno

di Michele Di Iorio

 

Lucrezia d’Alagno era la figlia di Nicola  e di Covella Toraldo del Sedile di Porto a Napoli.

Suo padre era originario di Amalfi, e fu Maggiordomo maggiore di re Ladislao  d’Angiò Durazzo nel 1404 e feudatario di Torre Annunziata, e poi dal 1415 patrizio di Amalfi, Ravello e Napoli, oltre ad essere gentiluomo di corte della regina Giovanna I di Napoli e quindi di re Alfonso I il Magnanino di Aragona.

Lucrezia nacque nel 1430 nelle proprietà paterne a Torre del Greco, nel quartiere di Borgo nella strada di Largo della Corte, presso il Vallone, ad angolo di via della Pizza, vicino il castello ducale.

Venne allevata in un ambiente colto, seguita da astrologi, filosofi, letterati, storici, musici e apprese bene lettere e filosofia e tutte le altre arti, anche quelle domestiche.

Il 23 giugno 1448, diciottenne, partecipò a Napoli alla festa in onore di San Giovanni Battista, che iniziava con la processione reale degli Aragona da via dei Tribunali. Tra i pellegrini v’era anche Alfonso il Magnanimo con la sua corte.

Lucrezia-dAlagno
Lucrezia-dAlagno

La giovane Lucrezia attendeva il corteo religioso al vicolo Arco al Purgatorio, portando una piantina di orzo in una cesta. Infatti era tradizione che in quel giorno le ragazze nubili offrissero in pegno agli innamorati una pianticella d’orzo o di grano, raccogliendo così un’offerta per la processione del santo. Lucrezia offrì la sua ad Alfonso.

Alfonso, 53 anni ma ancora prestante, compiaciuto le porse una borsa piena di monete d’oro. Lei ne prese solo una, un alfonsino d’oro, restituendogli la borsa.

Alfonso-dAragona
Alfonso-dAragona

Meravigliato e abbagliato della sua bellezza, Alfonso la volle accanto a sé nel corteo reale diretto alla chiesa di San Giovanni a mare, disssertando con lei di storia, letteratura, poesia e filosofia.

Il giorno dopo, in visita a Torre del Greco. la rivide affacciata alla finestra dell’orto del padre vicino la fontana. Diede una suntuosa festa al palazzo aragonese di Torre, e naturalmente la invitò.

Tra i due nacque una grande passione: da quel momento divennero inseparabili. La colmò di doni: non solo ori e gioielli, ma anche i castelli di San Marzano e di Taurano, e la contea di Caiazzo.Anche alla sua famiglia vennero elargiti doni e prebende, beni dotali per le sue cinque sorelle e feudi per i due fratelli.

Purtroppo re Alfonso era sposato con Maria Isabella di Castiglia: separato da 30 anni dalla moglie anziana, sterile e bigotta, per la Chiesa rimaneva indissolubilmente legato a lei.

Nel 1457 Lucrezia e Alfonso partirono da Torre del Greco per Roma con 500 cavalli, armati, dame e cavalieri per chiedere al papa Callisto III l’annullamento del matrimonio, perché grande era il desiderio dei due amanti di unirsi. Il pontefice ricusò l’istanza.

Per consolarla Alfonso le donò un palazzo a Napoli – oggi palazzo Cuomo, sede del Museo Civico Filangieri in via Duomo – e un altro castello a Somma Vesuviana, nonché  il titolo di contessa di Sarno, esteso anche al padre Nicola.

Re Alfonso morì improvvisamente il 27 giugno 1458. Il suo successore Ferrante d’Aragona, seppur aveva sempre ricevuto molto denaro in regalo da lei, confiscò subito a Lucrezia d’Alagno il castello e il titolo di contessa di Caiazzo.

La giovane dovè ritirarsi nel castello di Somma Vesuviana, nel cui podere si produceva il vino d’uva catalanesca. Una curiosità: la produzione di questo eccellente vino bianco era nato da un dono d’amore: Alfonso aveva regalato a Lucrezia una barbetella, ovvero una pianta di uva della Catalogna, che aveva attecchito benissimo nel ricco suolo vulcanico.

Nessuno, nemmeno la propria famiglia, protesse Lucrezia: assediata dalle truppe aragonesi di re Ferrante e riparò in Puglia nel suo castello di Venosa, dove trovò la protezione di Giovanni d’Angiò e dal principe di Taranto, nemici degli Aragona.

Nel 1459 s’imbarco per la Dalmazia, dopo che suo cognato  don Giovanni Torella, governatore aragonese del castello d’Ischia, denunziò la sua alleanza con gli angioini.

Giunta poi a Ravenna nel 1477 si pose sotto la protezione del papa.

Infine con il suo amante il capitano di ventura Jacopo  Piccinino nel 1478 rientrò a Napoli, praticamente ignorata da tutti, anche dalla sua famiglia.

Lucrezia d’Alagno morì in miseria a Roma il 23 settembre 1479, il giorno dopo esser andata inutilmente ad intercedere per la sua condizione presso suo nipote il conte Alfonso d’Alagno, pregandolo di accoglierla in casa.

Venne seppellita nella chiesa romana di Santa Maria della Minerva.