La triste storia di Virginia Lebano

Virgina-e-Giustiniano-Lebano

di Michele Di Iorio

In una mattinata del 9 settembre del 1978 spirava un vento tiepido e leggero, quando raggiunsi con il treno la località di Trecase, tra Torre Annunziata e Boscotrecase. Ero con mio zio Nicola Ariano e andavamo all’inaugurazione della Gilda associativa intitolata a Giustiniano Lebano C’incamminammo per una strada costeggiata da una pineta fin quando incontrammo un grande cancello arruggito, sormontato da un antico stemma nobiliare: eravamo giunti a Villa Lebano.

Il custode della villa, De Martino, ci accompagnò tra i viali alberati e, giunti alla casa il mio sguardo fu attratto dal grande esagramma posto sulla facciata principale e dalla statua della dea flora sotto una graziosa edicola: sembrava un messaggero di pietra, quasi una figura angelica depositario di un annuncio destinato a chi aveva orecchie per intenderlo.

esagramma-di-Villa-Lebano

L’emozione per le inquietanti presenze che percepivo in quel luogo era spezzata dalle note musicali di un lontano pianoforte che suonava al piano nobile.

Entrmmo: all’interno la villa era in decandenza ma ancora si poteva respirare l’atmosfera dell’800 effusa dai fregi alle pareti e dall’architettura del luogo.

Al piano terra la grandiosa biblioteca in noce ospitava 5000 volumi antichi di vario genere nelle eleganti e pesanti rilegature di cuoio e 2113 manoscritti.La biblioteca era suddivisa in tre sale: quella bianca fungeva da anticamera, quella blu da studio con una scrivania dell’8oo, leggii di legno e numerosi oggetti artistici, e la rossa dove si conservavano manoscritti e i libri più antichi, alcuni del 1600 e 1700 e la collezione di volumi del giudice Domenico Bocchini, nonno della moglie di Giustiniano Lebano Virginia.

Il custode ci raccontò che la villa era stata fatta costruire nel 1863 sulla precedente masseria Scauda dall’avvocato Lebano, uomo affasciante, misterioso, geniale ed eclettico: grande scrittore, poeta, storico politico, garibaldino, cabalista, spiritista e Gran Maestro della massoneria egiziana del Misraim-Memphis.

Poi ci presentò all’attuale proprietario della villa, il medico Giuseppe Cuccurullo junior, genero di Lebano e marito di Silvia, l’unica figlia superstite di Giustiniano. Gli altri tre erano morti di colera. Alla morte del terzo figlio Virginia Lebano Bocchini impazzi per il dolore.

Virginia e Giustiniano si erano conosciuti nel 1859 e quindi sposati in Municipio il 7 settembre 1862.

Virginia Bocchini aveva fatto studi magistrali al Real Educandato Maria Isabella di Borbone, poi Istituto Magistrale Maria Elena di Savoia a largo San Marcellino. Orfana, fu allevata dal nonno Domenico nella casa avita in via Sant’Agostino alla Zecca.

Nel 1870 gli sposi si erano trasferiti definitivamente nella villa di Trecase, dove però Virginia viveva sempre in ansia per le frequenti dalle scorrerie del brigante Pilone.

Qui morirono i tre figli. Dopo la morte dei primi due, un maschio e una femmina, Virginia rimase così sconvolta che ormai non credeva più nella medicina ufficiale. Si orientò allora verso magia, kabala e spiritismo, ribellandosi a Dio che tanto aveva pregato per la salvezza dei figli.

A quei tempi era di moda nei salotti lo spiritismo kardecista con i tavolini dei medium. Virginia cominciò a seguire occultisti famosi Itzar, Eusapia Palladino, Kremmerz, Damiani, Petriccione, De Santis.

Nel febbraio del 1883 si ammalò gravemente anche il figlio Filippo, di 15 anni. La nadre si rivolse a chiunque potesse guarirlo: medici, guaritori, monaci, sacerdoti, esorcisti, astrologhi, santoni vari. Infine il ragazzo, in precoma, venne ricoverato all’ospedale civile di Torre Annunziata. La diagnosi clinica escluse tifo, paratifo, colera, salmonella e gastroenterite, propendendo verso una non meglio identificata enterite che lo portava ad avere improvvisi miglioramenti e poi altrettanto repentini peggioramenti.

Riportato a casa il figlio, Virginia in un momento di scoramento lo prese febbricitante tra le braccia e lo portò a pianoterra nello studio del marito. Fece un cerchio magico con tutta la carta che trovò – libri, scritti, denaro, cartelle fondiarie del Banco di Napoli – e accese delle candele. Era in vestaglia, e tracciò una circonferenza con farina e sale. Mise il figlio entro il cerchio e con una spada pronunziò anatemi perfino contro gli studi kabbalistici del marito. Toccando la fiamma di una candela a vestaglia prese fuoco. Una scintilla finì sulle carte che aveva ammonticchiato e si sprigionarono alte fiamme: la donna subito gettò oltre la barriera di fuoco Filippo e la spada. Venne avvolta dalle lingue di fuoco, ustionandosi braccia, mani viso. Ormai aveva perso il senno e credette che i servitori corsi in suo aiuto fossero demoni venuti a prenderla.

Spento l’incendio, Virginia e lo sventurato Filippo furono subito portati in ospedale. Il ragazzo morì la notte seguente consumato dal suo male, il 30 settembre del 1883, mentre la madre venne dimessa dopo 15 giorni dopo. In casa fu messa a letto in una stanza al primo piano, amorevolmente assistita dal marito e dalle cameriere, tra cui la governante signora Cecchina di Torre Annunziata e la figlia Emilia Azzaritti.

Virginia peggiorò psicologicamente quando seppe della morte del figlio: rifiutava cibo e acqua, distruggeva mobili e specchi, statue e crocifissi, sforbiciava i vestiti e le camicie di notte, insultava e picchiava le cameriere, urlava e sputava contro il marito ritenendolo colpevole della morte dei tre figli. Piangeva e quasi non dormiva, bestemmiava, voleva uccidere o suicidasi, addirittura morse il medico Cuccurullo e i domestici. Fu necessario legarla al letto e chiudere a chiave la stanza che per precauzione era stata munita di sbarre alle finestre.

Passarono tre anni e nonostante tutte le cure tentate il suo stato non migliorò. La servitù e i vicini erano spaventati dalle sue urla, il suo viso martoriato dalle ustioni di terzo grado incutevano ancor più timore.

Giustiniano Lebano si ritirò dalla vita pubblica, esercitando la professione di avvocato in casa. Gli amici e gli allievi devoti, tra cui Kremmerz, gli furono vicini.

Nel 1884 iniziò il restauro di Villa Lebano per rimediare ai danni dell’incendio. La figlia superstite Silvia venne per prudenza mandata al Real Educandato di Sorrento e poi al liceo di Palma Campania.

La povera Virginia sembrò avere un miglioramento nel marzo 1885. Il 18 aprile ricevette la visita di madame Blavatsky e del medico bavarese Franz Hartmann, che poi nel 1875 fondarono la Società Teosofica insieme con il colonnello Olcott. I due, che soggiornarono tre mesi all’hotel Vesuvio di Torre del Greco, erano venuti per farsi iniziare da Giustiniano Lebano all’Arcana arcanorum.

Dopo la partenza dei due teosofi, Virginia peggiorò. Tre anni dopo cominciò ad avere crisi epilettiche e a soffrire del morbo di Alzheimer. Gli sforzi per accudirla e controllarla diventarono più gravosi: fuori di senno, personalità bipolare, il marito doveva tenersi a distanza di sicurezza per evitare gli attacchi dell’infelice moglie, che lo accusava di avere amanti tra le contadine e serve di casa perfino la vecchia governante.

In preda alla sua malattia, aggravata anche dal forte tremore causato dal morbo di Parkinson, pur seguita amorevolmente dal marito e dal futuro genero il medico Giuseppe Cuccurullo, continuò a vivere in uno stato di grave alterazione finché si spense. Era una notte del luglio del 1904. Venne seppellita nel cimitero di Torre Annunziata ,accompagnata da un piccolo corteo composto dal marito, la figlia Silvia, Cuccurullo, i domestici, i contadini e i pochi amici che non avevano mai abbandonato l’avvocato Lebano.

Giustiniano Lebano nella sua bibliioteca
Giustiniano Lebano nella sua biblioteca