L’amore è come la tosse, non si può nascondere …
di Nina Panariello
ROMA – Il mondo del cinema è in lutto: il grande Ettore Scola si è spento nella serata di martedì 19 gennaio al reparto di cardiochirurgia del Policlinico dopo un coma durato 48 ore.
Scola, che avrebbe compiuto 85 anni il prossimo 10 maggio, uno dei più straordinari registi cinematografici italiani del ‘900. Nato in un piccolo comune dell’Irpinia, Trevico, ma trasferitosi poco dopo nella Capitale con la famiglia, del secolo “breve” seppe narrare in modo magistrale sia la povertà del dopoguerra nel Bel Paese che il seguente eccezionale boom economico. Il tutto raccolto in La Famiglia (’87), lo straordinario colossal che ripercorre dal 1906 al 1986 il ritratto di una famiglia borghese romana vista dall’interno del suo appartamento.
Scola mosse i primi passi a soli 15 anni non nel mondo della celluloide ma nel giornalismo, disegnando vignette umoristiche. Fu nella redazione della rivista Marc’Aurelio che strinse rapporti amichevoli con il regista Federico Fellini.
Per i suoi studi Scola non scelse Lettere e Filosofia come magari ci si sarebbe aspettettato, ma la facoltà di Giurisprudenza, coerente con la sua poliedricità. Fu all’inizio degli anni ‘50 che iniziò a scrivere le sceneggiature delle sue commedie all’italiana e fece le prime esperienze come autore in programmi televisivi e radiofonici.
Attraverso le conversazioni telefoniche del celebre personaggio Mario Pio interpretato dal grande Alberto Sordi il pubblico imparò ad affezionarsi ad Ettore, ai suoi testi dalla risata amara, dal sapore pirandelliano, intrisi di quel sentimento del contrario che dominerà ancora i suoi film.
Diresse poi lo stesso Sordi in Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l’amico misteriosamente scomparso in Africa?,”La più bella serata della mia vita”e in alcuni episodi della serie “I nuovi mostri”.
«Nel piccolo italiano medio c’è una zona nobile, un soprassalto di dignità che spinge ad agire l’eroismo, anche solo con una dimostrazione d’affetto e di appoggio all’amico», questo il pensiero di una delle indimenticabili icone del cinema italiano.
Il tema dell’amicizia fu sempre al centro delle sue pellicole, come C’eravamo tanto amati, dedicato a Vittorio De Sica. Scelta senz’altro coraggiose, come quelle che ispirarono sempre i suoi maggiori capolavori: Scola non rinnegò mai la sua inclinazione politica di sinistra.
Il film fu interpretato da Vittorio Gassman, Nino Manfredi e Stefano Satta Flores, nei panni di tre partigiani divenuti amici inseparabili nei giorni della Liberazione. Due di loro si innamoreranno della stessa donna (Stefania Sandrelli), ma questo tema sarà ripreso in “Il dramma della gelosia” (’70), narrato in modo originale dalle mitiche scene di Monica Vitti, la fioraia drammaticamente contesa da Oreste e Nello, magistralmente interpretati da Marcello Mastroianni e Giancarlo Giannini.
Consacrato regista di fama internazionale, Scola non smetterà più di rapire con l’ironia malinconica dei suoi film. La stessa baraccopoli delle borgate romane così cara a Pasolini nel suo romanzo Ragazzi di vita piaceva tanto anche a Scola, anche se ne disegnò tratti diversi, non ingenuamente barbari – come quelli di Riccetto che nuota a bracciate nel fiume torbido per salvare una rondine intrappolata nella melma – ma impietosamente miseri, moralmente, più che materialmente:“Brutti, sporchi e cattivi”, nella sua grottesca commedia del ’76.
Diresse l’affascinante Sophia Loren in “Una giornata particolare” imprigionata con il bel Mastroianni in un amore già di per sé impossibile ostacolato dal regime fascista, che per un soffio non ottenne l’Oscar come miglior film straniero (’77).
Sempre con Marcello Mastroianni diresse Il Mondo Nuovo nell’82 e poi ancora nell’89 con Massimo Troisi in Che ora è?
Oltre a questi, i più cari, Scola diresse tanti altri artisti, come Deapardieu in Concorrenza sleale (2001).
È del 2013 il suo ultimo lavoro: un ricordo affettuoso per il grande con cui aveva cominciato: Che strano chiamarsi Federico, un documentario dedicato a Fellini.
Ettore Scola spese la sua vita spesa tra impegno civile, politico e sociale. Nel 1989 ebbe anche una Delega ai Beni Culturali.
L’estremo omaggio al grande regista sarà tributato dalle 10.30 del 21 gennaio alla Casa del Cinema di Roma, dove sarà allestita la camera ardente.