NAPOLETANITA’

di mauro fotoSulle straordinarie bellezze della città di Napoli, sulle sue eccellenze nel campo dell’arte, della cultura, della letteratura, della musica, del teatro non mi soffermo ma rimando al mio libro, almeno per averne un assaggio, come suggerisce il titolo, UN ASSAGGIO DI NAPOLI, edito da Graus Editore.

Voglio qui parlare di quel particolare modo di essere che è la napoletanità, che comprende una spiccata simpatia, il calore umano, una capacità ironica e satirica, una logica che tante volte è assurdamente illogica, che insieme formano una vera e propria filosofia di vita.

L’incontro con un napoletano non può prescindere dal consumare insieme na’ tazzulella ‘e cafè, alla quale non ci si può sottrarre, pena l’arrecare offesa a colui che la propone, perché l’invito del caffè è un generico invito al bar, infatti dinanzi alla cassa si ripropone la domanda in maniera più precisa: “Cosa prendi?” così da lasciare all’interlocutore la scelta “democratica” del tipo di consumazione. Per cui l’invito al caffè è una metafora, un modo di dire per manifestare la voglia ed il piacere di stare un poco insieme per scambiare quattro chiacchiere o magari qualche confidenza.

Ovviamente c’è il napoletano che mentre parla ti strattona per farti avvertire la sua interlocuzione anche fisica, c’è quello che con invadenza ti prende sottobraccio, anche se appena conosciuto e si accompagna a te come se ti conoscesse da sempre, ma c’è pure quello, vecchia maniera, che ti saluta togliendosi il cappello inchinando il capo con un cordiale sorriso e c’è quello più discreto che ti sfiora con una domanda lasciando a te la volontà di approfondimento, il napoletano elegante con la sua raffinata signorilità. Ma noi qui dedichiamo spazio a quelli più prorompenti e divertenti perché riteniamo che anche dietro la loro apparente rozzezza ed ignoranza c’è una cultura che nasce dal fatto di dovere affrontare quotidianamente gli ostacoli che la vita pone loro. Sono i napoletani trasetìcci e che non ti danno tregua finché non hanno saputo tutti i fatti tuoi. Volendo nobilitare questo atteggiamento possiamo dire che il napoletano attua la socratica arte della maieutica, con la quale ti fa sgravare tutto il tuo vissuto ed, una volta acquisito, è pronto a raccontarlo al primo che incontra, così che la tua privacy va a farsi fottere.

L’UNESCO ha sentenziato che il napoletano è una lingua e non un dialetto, ma la questione in verità non mi ha mai appassionato, perché ho sempre considerato una lingua come una estensione del dialetto ed una gratificazione alla sua forte capacità espressiva mentre il dialetto la riconduce nel grembo della sua città natale e quindi un segno di appartenenza ad un territorio e testimonianza dell’orgoglio delle proprie radici. Una cosa è accertata, il napoletano è secondo, nella nostra penisola, soltanto alla lingua ufficiale, l’italiano, per diffusione sull’intero territorio nazionale. E, come il latino da cui proviene, riesce a condensare una molteplicità di pensieri in poche parole.

Io direi che il cittadino napoletano è trilingue perché alla conoscenza dell’italiano e del napoletano aggiunge la terza lingua dei gesti. Proprio così, perché il napoletano accompagna ciò che va dicendo con una gestualità che rendendo plastico il contenuto del suo pensiero, si fa capire in tutto il mondo. La complessità variegata della lingua o dialetto napoletano che dir si voglia, deriva dalla sua provenienza dalla lingua spagnola, dalla lingua araba, dalla lingua inglese, dal greco e dal latino.

Da qui deriva la sua coloritura dovuta al fatto di avere attinto a diverse culture e ne ha assorbito la semantica più vicina al proprio sentire.

Ma ora ritorniamo a soffermarci sul napoletano tipo, quello meno raffinato ma più divertente, quello apparentemente assurdo ma che persegue una sua logica interna che è una logica complessa che potremmo definirla di tre tipologie. La logica napoletana si suddivide in logica conseguenziale, logica parallela e logica a prescindere.

LOGICA CONSEGUENZIALE: Non importa se le premesse sono assurde, egli deve addivenire ad una sua conclusione che la convinzione della sua pretesa saggezza gli suggerisce.

LOGICA PARALLELA: Mentre una persona parla ed esprime un suo ragionamento egli arriva ad esprimere una sua tesi che segue un suo ragionamento diverso ma che contemporaneamente sta elaborando nella sua mente.

LOGICA A PRESCINDERE: La simpatia o antipatia dell’interlocutore condiziona il suo pensiero che prescinde dal ragionamento che si sta sviluppando.

Insomma il napoletano sàpe a lecca e ‘a Mecca, cioè sa tutto. Lo studioso di napoletanità Renato De Falco così spiega questo modo di dire: la lecca è una corruzione della prima lettera dell’alfabeto ebraico (aleph) e la Mecca è una corruzione della voce omega, ultima lettera dell’alfabeto greco. Come dire che il napoletano sa tutto, dall’a alla zeta.

Quanto sopra fa capire quanto la lingua napoletana vada amata, praticata ed anche orgogliosamente divulgata ad evitare che rimanga relegata solo nella canzone napoletana.

L’amore per questa lingua particolarmente espressiva, capace di rendere plastico, carnale un sentimento, rendendolo particolarmente “emozionante” faceva dire ad Annibale Ruccello: “Nun ‘o voglio sentì ‘o taliano dint’a sta casa ‘sta lengua straniera, barbara … senz’ammore!”

Aldo di Mauro*

*Scrittore, poeta, filosofo