Nel ricordo di Mario Abbate
di Francesco De Crescenzo
Il 6 agosto del 1981 muore Mario Abbate: una morte improvvisa che gela i suoi tanti estimatori e il mondo della musica napoletana e nazionale.
Al secolo Salvatore Abbate, è stato senza ombra di dubbio uno dei più grandi interpreti della canzone napoletana. Aveva iniziato giovanissimo, all’età di 9 anni.
Artista poliedrico, Mario oltre al canto si dedica con successo anche alla recitazione, sia nel cinema che nel teatro, ma deve il suo grande successo soprattutto alle sue straordinarie doti canore. A consacrarlo definitivamente sono le interpretazioni di Malafemmena Anema e core, Luna caprese oltre ad Indifferentemente, secondo premio al Festival di Napoli del 1963, cantata in coppia con Mario Trevi e tradotta ed incisa in vari Paesi.
L’antagonista di sempre è Sergio Bruni, che con Abbate e Roberto Murolo rappresentano il massimo dell’espressione canora partenopea. Di questi tre signori, mi resta una collezione di dischi in vinile appartenuta a mio padre, che custodisco gelosamente come una reliquia.
Tra i figli di Mario Abbate, Mario jr. ha raccolto il testimone. Cantante e autore di brani come I’ nun credo, ‘O scarrafone, Nun me voglio scetà cchiù, realizzate in collaborazione con Salvatore Mazzella e, oltre ad interpretarli, si è occupato di arrangiamenti e musica. Altri sono in programmazione: Nonna nonna a ‘nu brigante, Ammore brigante, Francesco (dedicata a Francesco II di Borbone) e l’ultima, ‘O stesso suonno, in prossima uscita.
L’ 8 agosto scorso Mario Abbate senior avrebbe compiuto 89 anni. Terronian magazine ripercorre ripercorriamo insieme a Mario jr i momenti più importanti della sua vita.
Una curiosità: perché tuo padre scelse Mario come nome d’arte?
Quando ad appena nove anni interpretò il primo film a colori del cinema italiano,
Sosta d’eroi, il suo nome era quello originale, Salvatore Abbate. Anche durante l’ esperienza teatrale con la grande Compagnia Cafiero-Fumo il suo nome rimase uguale. Fu il padre di mia madre che gli consigliò di cambiare Salvatore in Mario argomentando che era più indicato. Come Mario incominciò a dedicarsi completamente alla musica che lo consacrò come uno dei più grandi interpreti della canzone napoletana e di successi mondiali come la celeberrima Malafemmena di Totó. In tutto fece più di duemila incisioni.
Com’era Mario Abbate padre?
Era un uomo buono, umile di cuore e soprattutto napoletanissimo; difendeva la tradizione, i grandi sentimenti e la cultura napoletana. Per questo motivo non gli piaceva frequentare ambienti vicini alla politica o a dirigenti di partiti, come facevano molti dei suoi colleghi, che addirittura si tesseravano per essere agevolati soprattutto a livello giornalistico di spettacolo, di critica e televisivo.
Come si rapportava con il pubblico e la musica?
Il suo rapporto con il pubblico era amore. Lui non aveva bisogno di altro che la sua voce w riusciva a dare Anima e Cuore. Ed è questo che il pubblico amava di lui: ricordo manifestazioni con migliaia di anime in religioso silenzio quando si esibiva. Era un rapporto magico, era passione, dolcezza e tantissimo amore, vivo tutt’oggi dopo più di trentacinque anni dalla sua scomparsa. Quell’amore continua ed è eterno: il pubblico è stato il suo alleato per oltre quarant’anni di carriera, non lo dico io, ma lo dicono i milioni di dischi venduti in tutto il globo. Ancora oggi, le sue collane di canzoni classiche incise con la Vis RADIO , EMI International, RCA americana si continuano a vendere soprattutto in America , Canada e in molti Paesi europei.
Come è stata la sua esperienza nell’ambito del Festival di Napoli? Secondo te oggi sarebbe opportuno riproporlo?
Mio padre ha partecipato a quasi tutte le edizioni del Festival di Napoli: è stato insieme a pochissimi altri uno dei veri protagonisti di quella manifestazione.
Ha vinto solo un Festival di Napoli, forse per il discorso che facevo prima riguardo al suo distacco per la politica. La formula di quell’anno – era il 1965 – dichiarava vincitore chi avesse venduto più dischi: Core napulitano, brano che diventò anche inno dei tifosi del Napoli, si aggiudicò il primo posto, ma nessun giornale o programma televisivo ne parlò. Mio padre non intervenne nemmeno: era schivo. Il Festival di Napoli era importantissimo per gli addetti ai lavori dello spettacolo partenopeo, era una passerella artistica che attraverso i grandi successi e vendite di dischi, così come centinaia di eventi artistici, proteggeva la categoria dello spettacolo, ma grazie sempre ai soliti sciacalli e soprattutto alla politica della discriminazione e guerra etnica, la Rai, organo di stato, dal 1971 lo soppresse, così come anche altri programmi televisivi dedicati alla canzone napoletana. I motivi li conosco tutti, ma ci vorrebbe un articolo a parte per spiegare ai lettori i perché di questa vigliaccata.
Mio fratello Massimo Abbate, ha organizzato e presentato la seconda edizione del Festival di Napoli New Generation. Il Festival è tornato con grande forza, prima o poi lo riporteremo ai livelli dell’epoca d’oro. L’interesse del pubblico è cresciuto enormemente: mio fratello è caparbio e lotta a favore della tradizione culturale di Partenope. Sono convinto che le tv nazionali dovranno per forza riaprire quella porta sbattutaci in faccia tanto tempo fa.
Un ricordo personale legato a tuo padre cui tieni particolarmente
Ricordo un aneddoto importantissimo sulla vita professionale di mio padre che pochi conoscono. Come ho già detto prima, il mio genitore era contrario a spiattellare i suoi successi, era di cuore umile, contrario a pavoneggiarsi. Rispettava e si faceva rispettare, trattava nella stessa maniera tutti, sempre gentile, dal posteggiatore di auto a un presidente di alta nomenclatura, i suoi modi non cambiavano, anche per questo motivo ancora oggi viene ricordato come il cantante signore … Ma andiamo a fare un salto alla fine degli anni Settanta: mio padre si trovava a Torino per presentare un concerto di opere napoletane quando prima di entrare in teatro fu avvicinato da un giovane ammiratore che gli disse: «Maestro, le posso stringere la mano? » Mio padre rispose stendendo la destra: «Certo. Guaglió,’o Maestro è uno sulo e sta’n cielo!… »
È stato difficile per te raccogliere il testimone?
Sinceramente, sì. Il motivo è semplice: nella mia carriera ho girato il mondo, e sempre ho incontrato ammiratori di mio padre che giustamente hanno creduto di ascoltare attraverso me almeno un venti per cento della sua voce, ma i fuoriclasse non possono essere eguagliati, nemmeno dai propri figli. Mio padre è stato unico, una voce impossibile da copiare, quindi molte volte ho scorto negli occhi del pubblico quella disillusione, ma che a me non è mai dispiaciuto. Anzi, sono orgoglioso che ancora oggi nessuno sia riuscito ad avvicinarsi alla sua esclusiva arte canora. D’altro canto il nome che porto mi ha aperto le porte: negli occhi di chiunque mi conosce ho sempre letto tanto amore e rispetto. Questo lo devo a lui.
Progetti attuali e futuri di Mario Abbate Jr.
Ho smesso di cantare professionalmente da tempo. Oggi sono lavoro insieme ad Adriano Assanti, autore della musica di quasi tutti i miei testi. Una nostra canzone, Vaco, ha vinto il primo premio web Autori dal Mondo del Festival di Napoli New Generation, brano interpretato da Pasquale Romano. Inoltre con Salvatore Mazzella è nata recentemente una bella collaborazione
Cerchiamo nel nostro piccolo di spingere la carretta della canzone, questa benedetta canzone napoletana che ancora oggi soffre della calata barbarica degli anni ‘70 che ha prodotto il neomelodismo e la volgarità di quasi la maggior parte degli addetti ai lavori. Noi ci proviamo e ci crediamo.
Tra non molto, il Comune di Napoli organizzerà un evento in onore di mio padre, mentre l’Ufficio Toponomastica sta lavorando per dedicargli una strada o una piazza.
Lascio un cordiale saluto ai lettori di Terronian magazine, con la speranza di festeggiare insieme in un giorno non lontano il ritorno alla cima del mondo musicale della nostra grande canzone napoletana!