Si può uscire dal tunnel

di Tonia Ferraro

Alex Schwarzer, il marciatore altoatesino Medaglia d’Oro olimpica, dopo 3 anni e 9 mesi di squalifica torna a gareggiare il 29 aprile. Avrà una sola possibilità per qualificarsi alle prossime Olimpiadi di Rio del Janeiro: il test è in programma a Roma l’8 maggio, dove si terranno le gare del Campionato del Mondo di marcia a squadre.

Negli ultimi anni Alex è stato allenato da Sandro Donati, il tecnico di atletica leggera che, su sua ammissione, segnalò il giovane atleta agli ispettori WADA, l’agenzia antidoping mondiale.

Donati,  da sempre in prima linea nella lotta doping, fece scalpore quando accettò di allenare Schwarzer. Tanti ancora oggi sono convinti che  gli atleti coinvolti in queste spiacevoli vicende non debbano più tornare a gareggiare. Del resto, il regolamento lo consente: sono tanti gli sportivi che, scontato il periodo di sospensione comminato dalla Federazione di appartenenza, ritornano in pista.

Alcuni gridano alla vergogna, ma siamo felici che venga concessa un’altra possibilità ad Alex. Quattro anni fa dimostrò di essere un ragazzo fragile: non  riuscì a reggere lo stress di un modello performante e in un delirio di onnipotenza fece una sciocchezza non da poco.

Schwarzer, nato a Vipiteno nel 1984, faceva parte del Gruppo Sportivo Carabinieri. Era arrivato al top dopo le Olimpiadi di Pechino quando vinse la Medaglia d’Oro nei 50 km di marcia. Una medaglia che avrebbe assolutamente confermare alle Olimpiadi di Londra. Vita dorata, pubblicità, soldi, notorietà gli avevano imposto uno standard in cui una piccola defiance diventava un’ignominia. Allora fece una scelta indifendibile: si è procurò l’EPO, la famigerata eritropoietina, un ormone glicoproteico.

l’EPO è una proteina che in natura viene prodotta dai reni e dal fegato. In medicina viene usata nel trattamento dei pazienti oncologici per contrastare la carenza di globuli rossi stimolando il midollo osseo a produrla in maggior quantità.

Nello sport viene usata fraudolentemente per aumentare velocemente l’ematocrito, risultato che si potrebbe ottenere solo in tempi lunghi e con allenamenti prolungati in altura. Ma Alex, il ragazzo serio e coscienzioso negli allenamenti, costante e al top della forma, non si sentì all’altezza. E in solitudine si dopò.

Tutto quello che aveva conquistato nella sua giovane vita in modo pulito e a costo di tanti sacrifici gli aveva creato una gabbia intorno in cui né suo padre né il suo allenatore né la sua compagna riuscirono a penetrare. Tutto il castello fatato crollò.

Alex scelse la via più facile, ma non gettiamogli la croce addosso. Stiamogli vicino e diamogli una possibilità, come ha fatto il suo allenatore Sandro Donati. È un bravo ragazzo ed un formidabile campione.  Diciamogli forte: «In bocca al lupo!»

Ha sbagliato come atleta e per questo è stato punito duramente: ha già pagato per la sua debolezza. Soprattutto, non facciamone un altro “caso” Pantani.