I versi della Carrozzella, la poesia che s’invola dall’anima
NAPOLI –Il Sottopalco del teatro Bellini in via Conte di Ruvo giovedì 3 marzo alle 18 ospiterà la presentazione di I versi della Carrozzella di Gennaro Morra.
Oltre all’autore, al dibattito, moderato dalla giornalista Cristina Abbrunzo, parteciperanno l’attore, autore e scrittore Peppe Lanzetta, il cantautore (ex leader dei 24 Grana) e autore della prefazione del libro Francesco di Bella, il giornalista Espedito Pistone.
La serata sarà arricchita dalle letture dell’attrice Mariella Lanzetta di alcune poesie e di un racconto e dagli interventi musicali a cura del gruppo InternoZero.
È la linfa poetica dei versi di Gennaro si mescola alla musica: le powerballad del gruppo partenopeo, impregnato della grinta di Gianluca Aiello, batteria-percussioni e voce), il groove di Alex Vicedomini e Luigi Panico, chitarre, il ritmo di Giulio Gatto, basso, e la melodia di Rosanna Coppola, voce.
Nel suo ultimo libro I versi della carrozzella le parole si colorano di tutte le tinte dell’animo umano, sapendo diventare pugni nello stomaco o balsamo da stendere su graffi e ferite. E le ferite sono quelle inferte da una società che troppo spesso si rivela incapace di vedere, di guardare davvero un essere umano negli occhi, riconoscendogli il pieno diritto di essere nel mondo.
Una canzone dice: «Le parole sono pietre». Un’altra ci ricorda che «… dal pugno una carezza nascerà». Lo sa bene Gennaro Morra, scrittore, o per meglio dire “narratore di storie”, come si definisce lui stesso.
Dopo il suo romanzo d’esordio, All’Ombra della grande fabbrica, Gennaro Morra torna a scuotere la coscienza dei suoi lettori con una nuova impresa letteraria, dimostrando come la poesia possa rivelarsi, ieri come oggi, un potente strumento di protesta civile.
I versi della carrozzella: un titolo che strizza l’occhio al celebre romanzo, e all’omonimo film, che narra la vicenda umana di Che Guevara, prima che diventasse il martire rivoluzionario consegnato alla storia e alla memoria dei posteri. Un Che appassionato e “umano, troppo umano”.
Parimenti Gennaro Morra, scrittore affetto da tetraparesi spastica, cresciuto all’ombra delle ciminiere dell’Italsider, che ammorbavano l’aria di Cavalleggeri, grande rione popolare partenopeo, fa i conti senza falsi moralismi e, con coraggio, con i propri mostri: li sfida. E ne esce vincitore.
«Questa raccolta di poesie è una sorta di diario in versi, un viaggio negli ultimi vent’anni di vita – ha sottolineato Morra – Ne viene fuori una visione del modo un po’ diversa, diretta conseguenza della mia condizione di disabilità, che mi costringe a vivere quasi tutto il tempo su una sedia a rotelle».
I toni stilistici sono variegati: si passa dalla dolcezza di vere e proprie ballate amorose, alla rudezza di versi che non celano l’ingordigia dei morsi della carne, fino ad arrivare ad accenti rabbiosi e a tratti malinconici.
«Passione, ironia, rabbia e amore – ha spiegato l’autore – costruiscono la cornice portante su cui poggia la mia tela poetica. In essa sarà possibile scoprire sfumature nuove, oppure realizzare che certi sentimenti sono vissuti alla stessa maniera, anche se non si ha l’anima imprigionata in un corpo che non obbedisce come dovrebbe ai comandi del cervello».
L’italiano, caratterizzato da vette auliche e non prive di virtuosismi stilistici, in alcuni snodi sa cedere il passo all’immediatezza della lingua napoletana, riconoscendone la ricchezza insita e il rapporto di filiazione.
Scampoli di vita Gennaro Morra nasce nel 1972 a Napoli nel rione operaio di Cavalleggeri, al confine tra i quartieri di Bagnoli e Fuorigrotta.
Così la forza della scrittura irrompe nella sua vita e gli svela la possibilità di condividere esperienze ed emozioni, narrando gli eventi del suo tempo e raccontandosi.
Forte del successo del suo romanzo d’esordio, questo libro di poesie arriva dopo una lunga gestazione durata ben sei anni, in cui Gennaro ha lasciato decantare dentro e fuori di sé frammenti di esperienze umane e artistiche.
La parola lo affascina al pari delle note. Nascono così le collaborazioni con gruppi come le Delirious Luminal, I Knockout e i Sula Ventrebianco. Comune denominatore, la forza delle emozioni, in grado di salvare l’essere umano dall’abisso delle sue paure e della sua stessa potenza distruttiva e autodistruttiva.
Nel 2013 sale sul podio al secondo posto con il racconto erotico Oggetto nelle sue mani nell’ambito del concorso AmeErotique. Nel 2014 arriva secondo nell’ambito del concorso letterario di short stories Storie di caffè, organizzato dalla casa editrice Mondadori in collaborazione con Autogrill, con il breve testo Senza parole.
Il 2015 per Gennaro è un anno nevralgico: infatti, oltre a concludere la stesura della sua raccolta di poesie, vince il primo premio nella seconda edizione del concorso Urlo e non mi senti, organizzato dall’associazione Uniti per… di Marcianise, con lo scritto Il Miracolo, e il premio letterario Michele Sovente, promosso dall’associazione Il Diario del Viaggiatore di Bacoli, con il racconto Un inatteso scorcio d’estate.
Impegnato socialmente, Gennaro Morra partecipa per tre anni consecutivi al memorial La Guerra di tutti, dedicato a Lino Romano, il giovane operaio ucciso brutalmente dalla camorra. A lui Gennaro dedica tre intensi racconti. Dal primo racconto, che dà il nome all’intera manifestazione, è stato tratto anche un corto, interpretato da Arduino Speranza, per la regia di Alessandro Derviso.
https://www.youtube.com/watch?v=NscXMaBrfms
Non è un caso che la presentazione di I versi della Carrozzella si svolga nel “Sottopalco”, il più grande caffè letterario del Sud, ospitato all’interno del Teatro Bellini di Napoli. Sazio che si propone come punto d’incontro tra vari linguaggi espressivi, aperto alle voci portatrici di una ventata di innovazione e coraggio, all’insegna dell’indipendenza di pensiero ed azione, e che nasce dal sodalizio tra la casa editrice di Scampia, Marotta&Cafiero editori, e la direzione del Bellini, dando ospitalità ai vari volti della solidarietà e a tutti coloro che “escono fuori dal coro”.
Un incontro di anime affini dove la musica, con il suo lento incedere, è in grado di cullare l’anima, evocando immagini, richiamando suggestioni e ricordi: esperienze condivise nascoste tra le pieghe della coscienza. L’anima vibra al pari delle corde della chitarra elettrica distorta, pizzicate sapientemente.