Il Dragone, il fiume perduto delle terre vesuviane

di Francesco Bartiromo

Si hanno scarne notizie sul Dragone, il fiume di Portici. Si parla anche di un fiume Dragone a Torre del Greco, e anche nei pressi di Nocera.

Probabilmente, come asseriscono in molti, è facile pensare che il fiume nella sostanza letteraria del termine forse non esisteva: probabilmente si trattava di diversi corsi d’acqua che la tradizione definiva con il termine “Dragone”.

Viene spontaneo intuire che durante tutto il Medioevo il fiume Dragone venisse identificato con il Sarno. Forse fu la stessa morfologia del corso d’acqua, serpeggiante e lungo, a suggerirne il nome.

Infatti in una antica cronaca dello storico bizantino Procopio si narra di una sanguinosa battaglia del 553 d.C. sulle rive del fiume Sarno, che allora era conosciuto col nome di  “Dragone”, che coinvolse le truppe del generale Narsete e l’ultimo re dei Goti, Teja, che morì proprio sulle sponde di questo corso d’acqua, sancendo la fine della guerra greco-gotica. Procopio, nelle sue cronache, parlando del fiume lo definiva Draconteo.

La terre vesuviane all’epoca erano ricche di corsi d’acqua provenienti direttamente dalle falde del Vesuvio. Scorrevano a valle lungo la fascia costiera, bagnando l’antica Stabia, Torre del Greco, Ercolano, Portici e San Giovanni a Teduccio.

A Portici questo corso d’acqua, chiamato Dragone come gli altri, scorreva forse lungo l’odierna via, all’interno di quello che poi sarebbe diventato il parco superiore della Reggia borbonica, passando per l’odierna piazza San Ciro accanto all’antica torre del castello feudale che fa parte di Palazzo Capuano. Probabilmente i canali tutt’ora esistenti nel bosco inferiore erano collegati ad esso.

Può darsi che proprio fiumiciattolo abbia ispirato il nome del Castello del Gradone (l’attuale Villa Rocca): altro non è che l’anagramma di “dragone”.

Altri corsi d’acqua scorrevano nei pressi di San Giovanni a Teduccio. Forse bagnava anche il territorio di Ponticelli: di qui il nome della via Argine. Altre fonti ritengono che il nome sia legato all’antico fiume Sebeto di Napoli. È il Sebeto, infatti, che originandosi a Volla, attraversa la frazione Porchiano, poi Ponticelli, San Giovanni a Teduccio (zona Gianturco), per poi sfociare a mare.

È possibile che il fiume Sarno, un tempo conosciuto appunto come fiume Dragone, fosse in qualche modo collegato a questi numerosi affluenti che bagnavano l’area detta un tempo Floris flubeum. Le diverse eruzioni vulcaniche succedutesi nel secoli hanno poi modificato la morfologia delle terre vesuviane seppellendo e cancellando questi piccoli “fiumi Dragoni”.

Ad ogni modo, l’anima di questi fiumi è ancora presente, caratterizzata dalle preziosissime falde acquifere vulcaniche. Il Fiume Dragone è parte della cultura del Monte Vesuvio: quasi un animale mitologico, una figura serpeggiante e dispensatrice di abbondanza che sfugge misteriosamente incuneandosi nei meandri del sottosuolo.