La guerra del grano: chi ci rimette?

di Antonietta Montagano

Il prezzo del grano precipita: produttori pugliesi in ginocchio.

Il prezzo del grano duro in Italia solamente nei primi mesi del 2016 è crollato del 31%, mettendo a rischio il futuro di circa 300 mila aziende agricole che producono grano su un territorio di circa 2 milioni di ettari  e la garanzia del Made in Italy.

Un quintale di grano duro è quotato 19 euro sul mercato di Foggia: ha perso ben il 17%.  Mai così in basso dal 2009.

Sale invece la tensione tra gli agricoltori, che con prezzi così bassi non riescono a coprire i costi di coltivazione, e gli industriali, che lamentano la scarsa qualità del grano italiano, preferendo importarlo dall’estero a un prezzo minore.

Le aziende chiedono maggiore qualità da parte dei produttori,  che dovrebbero garantire otre alla  purezza base (grano duro e miscela di glutine almeno al 10,5%), anche alcuni standard qualitativi richiesti dalle industrie molitorie.

Ma il grano non può essere svenduto. Da sottolineare inoltre che il  drastico calo dei prezzi è strettamente collegato all’invasione del  prodotto estero.

SCORTE%20DI%20GRANO%20DEI%20PRINCIPALI%20ESPORTATORI

Questo grafico rappresenta le scorte di grano dei principali Paesi esportatori in milioni di tonnellate (ultima relazione dell’USDA del 12 luglio 2016).

Queste le quotazioni in Puglia, regione leader per  la produzione in Italia:

  • 195-200 euro a tonnellata (prezzo massimo e minimo) per il grano duro buono fino, in discesa rispetto a 205-210 dell’ultima seduta utile;
  • 180-190 per il buono mercantile (su cui si concentra la maggior parte delle transazioni, in discesa rispetto a 195-200).

Secondo le stime di Coldiretti, dal grano al pane i prezzi aumentano del 1.450% : il grano oggi è pagato come trenta anni fa, ovvero su livelli al di sotto dei costi di produzione attuali.

Lo stesso vale per la forbice dei prezzi che è aumentata  del 400% dal grano duro alla pasta.

L’attuale livello dei prezzi del frumento duro rischia di disincentivare la produzione in molte zone produttive.

Quotidianamente al porto di Bari si assiste all’arrivo di  navi cariche di grano di cui a volte non si conosce neppure l’esatta provenienza, magari contaminato da micotossine. Precedentemente veniva importato  da Francia e Canada: dal 2015 invece  sono più che quadruplicati gli arrivi di grano dall’Ucraina per un totale di oltre 600 milioni di chili, e praticamente raddoppiati quelli dalla Turchia per un totale di circa 50 milioni di chili.

Oggi un pacco di pasta su tre è fatto con grano straniero, come anche il 50% del pane venduto in Italia.

Ancora una volta l’Europa detta le regole! Ci sono le convenzioni internazionali che tutelano i nostri prodotti ma … Ancora una vota si pensa solo al profitto, la qualità diventa fattore secondario  rispetto alle vendite.

Sicuramente molti  agricoltori  si domanderanno se conviene ancora produrre grano,  col rispetto e sacrificio che solo i veri contadini conoscono.

Il governo italiano dovrebbe intervenire subito  per frenare le speculazioni in atto sul prezzo del grano che penalizzano una intera filiera produttiva, creare un  piano nazionale cerealicolo e assicurare una migliore organizzazione del comparto e una maggiore qualità del prodotto nell’interesse dei produttori e dei cittadini istituendo magari controlli qualitativi e un dazio sul grano estero, tutelando così la certificazione e la produzione del grano nazionale. E recuperando, magari, anche la produzione del grano antico che negli ultimi anni è stata moto apprezzata dal mercato.