Cappella Sansevero, suggello tra i de Sangro e i d’Aquino

Palazzo Sansevero

di Michele Di Iorio

Il titolo di principi di Sansevero appartenne alla nobile famiglia de Sangro, originaria della Francia. Un ramo si staccò per trapiantarsi in Molise lungo il fiume Sangro, dove furono conti di Marsi e di Castel di Sangro e poi marchesi e duchi di Castelnuovo e di Torremaggiore in Puglia. Quindi divennero patrizi napoletani al seggio di Nido o Nilo e dal 1587 principi di Sansevero.

Il palazzo de Sangro di Sansevero di Napoli sorge in piazza San Domenico Maggiore dal 1580. A pochi passi si trova la celebre Cappella Sansevero costruita tra 1590 e 1593.

La dinastia dei de Sangro ebbe illustri esponenti, ma la maggior gloria si espresse certamente con il VII principe, il grande scienziato Raimondo. La gens desangriana si estinse con il decimo principe Michele, che morì senza eredi diretti in Puglia il 5 febbraio del 1891.

stemma di sangro di sansevero

Il titolo quindi passò per successione materna a don Michele d’Aquino principe di Caramanico, nato a Napoli nel 1854 da Enrico Tomaso e da donna Teresa de Sangro di Sansevero, sorella dell’ultimo principe Michele.

Don Michele d’Aquino divenne così l’XI principe di Sansevero. La proprietà del Palazzo in piazza San Domenico Maggiore, della Cappella gentilizia e di una parte dei beni pugliesi, compreso il castello di Torremaggiore, passarono a lui e ai suoi fratelli Alessandro, Maria, Angelica, Francesco, Ferdinando e Beatrice.

La nobile famiglia dei principi d’Aquino di Caramanico nacque con il principe longobardo di Capua Rodoaldo conte di Aquino intorno al 1157. In seguito la famiglia potè fregiarsi dei titoli di conti di Acerra e di Loreto, patrizi di Benevento e di Napoli.

I d’Aquino vennero innalzati al rango di principi di Caramanico nel 1641, famiglia nobilissima tra le 7 famiglie principesche più importanti del Regno di Napoli e di Sicilia: gli Acquaviva, i del Balzo, i Celano, i de Molisio, i Ruffo e i Sanseverino.

Dall’illustre famiglia d’Aquino nacque San Tommaso. Nel settecento il principe Francesco fu una figura di spicco della vita politica. Come patrizi di Napoli sedevano al seggio di Portanova. I d’Aquino furono una delle poche famiglie nobili del Regno a conservare i titoli della prima investitura. Il loro casato era insignito della Croce di Cavaliere di Malta fin dal 1236.

STEMMA-FAMIGLIA-D'AQUINO

Il principe Michele d’Aquino di Caramanico e di Sansevero tra il 1891 e il 1893 ottenne dal tribunale di Lucera in Puglia i riconoscimenti legali per sé per i suoi coeredi. I beni erano stati rivendicati  da donna Elisa Croghan, vedova del defunto principe Michele de Sangro di Sansevero, ma i diritti vennero definitivamente ribaditi a favore degli Aquino dalla sentenza di appello del tribunale di Trani,

Inoltre l’XI principe Michele ottenne dalla Società dell’Acquedotto del Serino  il risarcimento di lire 310.047,68 per i gravissimi danni subiti dal Palazzo per le infiltrazioni idriche che nella notte del 23 settembre 1889 causò la rovina dell’ala sinistra del Palazzo, in particolare degli appartamenti della Fenice e del patriarca Alessandro, il crollo del ponticello costruito dal principe Raimondo nel 1759 che collegava l’edificio alla Cappella gentilizia e il suo antico pavimento a labirinto, con gravi danni alle strutture interne e alla cavea Sansevero.

Verso la fine del 1900  iniziarono i lavori di restauro del Palazzo. Molte cantine del  Palazzo e il passaggio sotterraneo vennero chiusi per rinforzare le fondamenta dell’edificio. I danni subiti dalla Cappella, dal momento che era rimasta chiusa per anni, si erano aggravati.

Durante i lavori fu aperta una porticina in una parete e la Cappella venne collegata alla cavea da una scala a chiocciola in ferro. Gli archi vennero murati e chiuso l’antico passaggio che portava al laboratorio del principe Raimondo. Tra la sacrestia e la cavea vennero collocate le due macchine anatomiche – costruite tra il  1763 e il 1765 dal medico palermitano Salerno – che si trovavano a Palazzo.

Dopo il rifacimento del pavimento, che venne piastrellato in cotto con lo stemma dei de Sangro maiolicato – non fu possibile recuperare il famoso labirinto che si trovava su quello precedente – al centro della Cappella venne sistemato il Cristo Velato del Sammartino.

Mentre fervevano  i lavori di restauro, il principe Michele d’Aquino fu costretto ad impugnare il testamento di donna Elisa Croghan, redatto con atto segreto il 3 maggio 1909 dal notaio Luigi Tavassi di Napoli e pubblicato il 20 novembre 1912, pochi giorni dopo la morte della vedova del decimo principe Michele.

Il testamento lasciava in eredità i beni di Napoli e Puglia in solido a  Francesca Mirelli e al conte di Rodiano Giovan Francesco de Sangro, appartenente ad un ramo cadetto della famiglia, discendente di quel Paolo generale borbonico che morì nella difesa della Cittadella di Gaeta il 4 febbraio 1861.

La causa giuridica durò dal 1914 al 1917. Morto nel 1918 il principe Michele d’Aquino di Caramanico e di Sansevero, il procedimento venne ripreso  con impugnazione della sentenza dal XII principe don Giuseppe presso la Corte di Cassazione di Roma. Il verdetto fu favorevole ai d’Aquino.

Nel 1942 don Giuseppe passò a miglior vita, subentrandogli il figlio primogenito don Alessandro, 17esimo principe di Caramanico e 13esimo principe di Sansevero.

Al tempo della II guerra mondiale Cappella Sansevero veniva controllato dal custode Roberto, che viveva lì con moglie, madre e  il figlioletto. Un giorno un soldato tedesco entrò in Cappella e con il calcio del fucile danneggiò la Statua del Disinganno colpendo la parte bassa della rete. Inoltre venne portato via un bozzetto in terracotta del Cristo Velato fatto nel 1752 dallo scultore Quierolo sul progetto dello scultore Corradini e portato al museo tedesco di Berlino.

Fino all’arrivo degli Alleati nel cortile di Palazzo Sansevero v’erano ancora alcune parti della carrozza anfibia costruita nel 1770 da don Raimondo. In seguito sparirono, pare venduti dal custode per lire 10mila lire ad un ricco ufficiale americano del Texas, che acquistò per mille lire anche l’unica immagine del ponte sospeso tra Palazzo e Cappella, distrutto nel 1889.

L’istituzione del Museo Cappella Sansevero si deve alla lungimiranza di don Alessandro d’Aquino, 13esimo principe di Sansevero. Il museo è privato e non riceve sovvenzioni statali. È un piccolo scrigno che richiama visitatori da ogni parte, retto esclusivamente da una grande famiglia che lo ha generosamente aperto all’ammirazione del mondo.

Nel 1949 il principe Alessandro, attorniato dai parenti, il nuovo custode della Cappella, Eduardo Torelli, alla presenza di autorità civili e religiose, tra cui mio nonno, vicesindaco della sezione comunale di San Lorenzo e Vicaria, don Antonio Ariano, inaugurò solennemente il museo privato di Cappella Sansevero.