Il grano arso: storia di un antico sapore pugliese

di Antonietta Montagano

L’origine del grano arso risale a una storia antica che parla di contadini, di povertà, dei latifondi e del sole ardente del Tavoliere delle Puglie, detto anche Granaio d’Italia.

I ricchi proprietari terrieri,  permettevano un tempo agli agricoltori di raccogliere per uso personale il grène jàrse, cioè i chicchi di grano duro rimasti sui loro terreni dopo la mietitura e la bruciatura delle stoppie.

I chicchi, caduti a terra, venivano macinati in mulini a pietra o nei mortai a mano e ridotti in farina grezza, poi passata al setaccio, usata per fare il pane o come merce di scambio per comprare qualche manciata della più costosa farina bianca. Un prodotto, che prima di diventare tipico era  considerato povero e contadino, nato appunto, dalla necessità di non sprecare nemmeno una spiga. La tradizione del grano arso, a lungo dimenticata, è stata recuperata solo negli ultimi anni, in un modo nuovo.

Diversamente dal passato, il metodo di produzione è cambiato e il grano non è più bruciato, in quanto il chicco bruciato pare contenga sostanze cancerogene, ma deriva dalla  tostatura  a semi sgranati  del frumento duro, con metodi controllati al fine di ottenere un colore marrone scuro, un sapore intenso, e sentori d’affumicato. Non ha più il retrogusto amarognolo di una volta, ma moderne e suadenti note di caffè, aromi d’orzo e nocciola tostata.

Da un  punto di vista merceologico non si dovrebbe definire “farina”, bensì è da considerarsi una semola, poiché ha una grana più spessa e non è prodotta dal grano tenero. In confronto alla farina bianca tradizionale, quella di grano arso ha un maggior contenuto proteico, un maggior contenuto in ceneri (sali minerali), un maggior contenuto in carboidrati semi-frammentati, un pH inferiore e meno acqua.

Oggi il grano arso costituisce un alimento di nicchia, ricercato: lo si trova con una certa difficoltà.  Lo si riesce comunque a reperire dai  fornitori di alimenti biologici e tradizionali, quasi esclusivamente sotto forma di farina. Ha un costo abbastanza elevato e può essere acquistato direttamente anche presso i mulini artigianali che lo producono e lo commercializzano tramite internet. Il suo costo si aggira sui 5 euro al kg.

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La farina di grano arso è povera di glutine per effetto del trattamento termico subito, quindi non si usa pura ma miscelata con altre farine più ricche di glutine. Nella panificazione, è usata in percentuali non superiori al 30% e nella preparazione della pasta va in combinazione con la semola di grano duro.

Il grano arso è usato per conferire un sapore peculiare a pane, pasta e prodotti da forno. A tavola è usato soprattutto per fare della pasta, come le orecchiette e i  cavatelli, ma anche per produrre pane e focacce.  Per far risaltare il caratteristico gusto della pasta è opportuno abbinarla a condimenti dal sapore delicato. Il pane di grano arso è  considerato invece una eccellenza gastronomica pugliese per il suo aroma e sapore inconfondibile.

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Un prodotto raro e prezioso, insomma, che merita  sicuramente un assaggio: sia che si tratti della focaccia classica, sia di un piatto di strascinati. Un sapore unico da riscoprire ed apprezzare.