Storia del Reale Opificio di Pietrarsa

di Francesco Bartiromo

Il Museo Nazionale Ferroviario di Pietrarsa prima d’esser stato riconvertito all’attuale funzione museale fu la prima fabbrica di treni d’Italia.

Fondato nel 1840 per volere di re Ferdinando II di Borbone col nome di Reale Opificio Borbonico di Pietrarsa venne allocato a Portici al confine con San Giovanni a Teduccio. all’epoca comune autonomo e dal 1927 quartiere di Napoli.

La sua originaria funzione era quella di fabbrica siderurgica per scopi bellici e civili: nel sito venivano costruite armi ed altro materiale metallico utilizzando il ferro proveniente dagli altiforni del polo siderurgico di Mongiana in Calabria, il principale distretto metallurgico del Regno delle Due Sicilie, tra i primi nella penisola.

Successivamente, nel 1843, con un editto reale del 22 maggio il sito riconvertì la sua funzione in officine per la fabbricazione e riparazione di locomotive per la nascente ferrovia Napoli-Nocera, che nel 1839 inaugurò la prima tratta Napoli-Portici.

Nelle officine di Pietrarsa venivano assemblati i componenti di locomotive costruite in Inghilterra, composte in parte da materiali fabbricati in loco. Le stesse rotaie erano prodotte interamente nel sito porticese. Furono costruite ben 7 locomotive: la Pietrarsa, la Corsi, la Robertson, la Vesuvio, la Maria Teresa, la Etna e la Partenope.

Pietrarsa-Statua_Ferdinando_II di Borbone

Il 18 maggio del 1852 venne creata una gigantesca statua di Ferdinando II. l’imponente effigie, tutt’ora presente nella piazzetta del sito, ha un altezza di oltre quattro metri e fu prodotta col ferro e la ghisa lavorate nelle reali officine. Rappresenta una tra le più grandi opere del genere prodotta in Italia.

Nel 1853 l’opificio contava una forza lavoro di circa 700  operai. La struttura raggiunse una tale notorietà da ricevere numerose visite di figure illustri della nobiltà europea ottocentesca, tra cui lo zar di Russia Nicola I, che ne rimase talmente affascinato da Pietrarsa da volerla prendere come modello per il complesso ferroviario di Kronštadt, la cittadina russa del distretto di San Pietroburgo, mentre nel 1849 venne visitata dal papa Pio IX.

L’espansione della fabbrica continuò costantemente fino alla fine del Regno delle Due Sicilie fornendo materiale di ogni genere alle ferrovie nazionali. Nel giugno 1860 Pietrarsa giunse ad occupare 1125 operai rimanendo – purtroppo ancora per poco – la maggiore fabbrica metalmeccanica italiana.

L’anno successivo, il 1861, fu l’anno dell’Unità d’Italia che si univa sotto la corona sabauda. Il Ministro della Marina italiana Luigi Federico Menabrea istituì una “Commissione delle ferriere” la cui indagine aveva lo scopo di analizzare lo stato dei costi di tutte le attività industriali del neonato regno. La relazione conclusiva dell’inchiesta triennale fu pubblicata nel 1864 curata dall’ingegnere Felice Giordano.

Iniziò così un periodo difficile per l’opificio di Pietrarsa: tra il 1861 e il 1863 una relazione dell’ingegnere Grandis, voluta dal governo, sulla base di ovvie forzature nei dati dipingeva negativamente l’attività e la redditività dell’opificio consigliandone addirittura la vendita o la demolizione. Bisognava razionalizzare il settore siderurgico e produttivo: la scelta fu fatta in favore dell’industria settentrionale.

Il 10 gennaio 1863 lo stabilimento di Pietrarsa venne concesso in affitto per 30 anni . alla somma di 45.000 lire dell’epoca – dal Ministro delle Finanze del governo Minghetti alla ditta di Jacopo Bozza. La gestione privata portò alla drastica riduzione dei posti di lavoro, con la conseguenza di scioperi e gravi disordini repressi duramente culminati nel tragico episodio storico ricordato come Eccidio di Pietrarsa: il 6 agosto di quell’anno una carica dei bersaglieri inviati su richiesta del Bozza dal prefetto di Napoli Nicola Amore, causò 4 morti e circa 20 feriti, di alcuni gravi, tra gli operai scioperanti.

In seguito a questo episodio il cavalier Bozza rinunciò a Pietrarsa. Il 20 settembre 1863 il governo diede in concessione lo stabilimento ad una nuova azienda, la Società nazionale di costruzioni meccaniche costituita dal cavaliere Gregorio Macry, dal duca Luciano Serra e dal marchese Cesare Pallavicino. Anche stavolta la concessione prevedeva la piena facoltà di licenziare il personale ritenuto eccedente.

L’eccellenza di Pietrarsa nonostante tutto continuava ad affermarsi: nel 1873 una locomotiva per treni merci prodotta nell’opificio guadagnò una medaglia d’oro alla Esposizione Universale di Vienna. Intanto il drastico ridimensionamento della manodopera del sito, a causa della progressiva perdita di commesse, continuava fino alla riduzione a 100 posti di lavoro.

Nel 1877 lo stato finalmente intervenne e ne assunse direttamente la gestione sotto la direzione dell’ingegnere Passerini risollevandone le sorti e migliorandone la ormai ridotta capacità produttiva. Da allora e fino al 1885 vennero prodotte circa 110 locomotive, oltre 800 carri merci e quasi 300 carrozze viaggiatori oltre a numerose parti di ricambio per rotabili.

Pietrarsa-Padiglione

Con l’inizio del nuovo secolo, in seguito alla statalizzazione delle Ferrovie, lo stabilimento di Pietrarsa nel 1905 entrò a far parte delle infrastrutture delle nuove Ferrovie dello Stato, divenendo una delle officine di grandi riparazioni specializzata in particolare nel settore delle locomotive a vapore.

L’avvento dei nuovi sistemi di trazione ferroviaria, come la trazione elettrica, segnò il lento e progressivo accantonamento delle locomotive a vapore che comportò inevitabilmente alla chiusura dell’impianto avvenuta il 15 novembre del 1975. L’ultima locomotiva a vapore riparata a Pietrarsa usciva dalle officine il 2 dicembre dello stesso anno.

Dopo un lungo periodo di abbandono durato oltre dieci anni si decise di riconvertire le ex officine in museo ferroviario. L’inaugurazione del Museo Nazionale Ferroviario di Pietrarsa avvenne nel 1989, proprio in occasione del 150esimo anniversario delle Ferrovie.

Il Museo, che per tutti gli anni Novanta godette di grande notorietà, attraversò un nuovo lungo periodo di chiusura per scarsità di fondi e personale, per poi riaprire il 19 dicembre del 2007 dopo i lavori di ristrutturazione.

Il Museo Nazionale Ferroviario di Pietrarsa è costituito da 7 padiglioni per un’estensione complessiva di 36mila m².

Il sito è suddiviso in aree tematiche: ogni padiglione rappresenta un preciso periodo storico partendo dall’esposizione di modelli di locomotive antiche, quelle che hanno inaugurato il primo tratto ferroviario Napoli – Portici, per poi giungere alle più moderne motrici diesel e ai primi prototipi di motrici a corrente alternata. Non mancano anche i padiglioni dedicati all’esposizione dei materiali da lavoro delle antiche officine reali.

Pietrarsa-Interno Padiglione

Vi è ubicata anche la stazione Pietrarsa-San Giorgio a Cremano attivata nel 1916, che nel settembre del 2014 venne chiusa per un paio d’anni per ristrutturazione,  nel periodo in cui l’intera tratta Napoli – Torre Annunziata era chiuso a causa del crollo di Villa d’Elboeuf al Granatello. Durante i lavori il solaio della stazione crollò proprio causando la morte di un operaio.

Negli ultimi anni il sito di Pietrarsa è stato completamente ristrutturato ed abbellito: rappresenta il suggestivo biglietto da visita per l’adiacente museo dove c’è la storia di uno dei più grandi esempi di eccellenza industriale d’epoca borbonica.